Accredito bonifico: Tempistiche e variabili di accredito

Le tempistiche e le variabili connesse all’accredito bonifico rivestono un’importanza significativa nella gestione dei flussi finanziari tra operatori, in particolare per quel che concerne le relazioni commerciali B2B. Le modalità di regolamento delle operazioni attraverso bonifico bancario impattano infatti sull’ottimizzazione dei cicli passivi delle aziende e sulla puntualità dei pagamenti da corrispondere ai propri fornitori.

La comprensione dei fattori che influenzano potenzialmente i tempi standard di accredito, come la correttezza formale e sostanziale nell’invio dell’ordine, il carico operativo delle banche coinvolte o la distanza territoriale tra queste, risulta dunque determinante per la gestione ottimale del capitale circolante.

È quindi importante capire in modo esaustivo tutti gli aspetti tecnici e regolamentari inerenti tale procedura, alla luce del quadro normativo che disciplina anche i rapporti tra operatori IVA attraverso la fatturazione elettronica.

L’analisi delle tempistiche di accredito in diversi scenari, unite alla disamina dei fattori variabili, permetterà di comprendere appieno i meccanismi sottostanti e di sfruttarne tutte le potenzialità al fine ultimo di ottimizzare l’ordinario svolgimento del ciclo attivo-passivo delle imprese.

Accredito bonifico: tempistiche di accredito di un bonifico tra aziende

I tempi di accredito del bonifico tra aziende presentano delle peculiarità che è opportuno analizzare in maniera approfondita al fine di comprendere nel migliore dei modi tale importante prassi economica e finanziaria.

Come noto, i termini standard per l'”accredito del bonifico” si aggirano tra 1 e 3 giorni lavorativi a seconda che la banca mittente e quella ricevente siano la medesima, appartengano allo stesso gruppo bancario ma con sportelli diversi, ovvero siano del tutto distinte.

Nello specifico, qualora la banca ordinante e beneficiaria coincidanol’accredito avviene di consueto entro 24 ore, grazie alla celerità con cui l’istituto può regolare l’operazione internamente. Diverso il caso in cui la banca mittente e ricevente siano filiali di una rete bancaria diversa: in tal caso il regolamento può prendere fino a 2 giorni lavorativi.

Il termine massimo di 3 giorni lavorativi è invece quello definito per i bonifici interbancari, atteso che tra istituti differenti è necessario il passaggio tecnico delle disponibilità liquide.

Rilevante è considerare che i suddetti termini si riferiscono a giorni lavorativi “canonici“, escludendo quindi festività e fine settimana: di conseguenza, una disposizione di pagamento di venerdì potrebbe portare alla ricezione dello stesso solo il lunedì successivo. Altrettanto importante è il rispetto, da parte dell’ordinante, dell’ora del cut-off fissata dalla banca, pena lo slittamento dell’accredito, anche di sole ore, al giorno lavorativo seguente.

Accredito bonifico 

Tempi accredito bonifico: Fattori che possono influenzare i tempi di accredito

I tempi standard di accredito di un bonifico possono risultare soggetti ad alcune variabili che è opportuno prendere in considerazione. Come più volte ribadito, i termini di 1-3 giorni lavorativi previsti per l’accredito bonifico presuppongono condizioni operative ottimali. Tuttavia, alcuni fattori possono incidere sulla tempistica effettiva.

In primis, risulta rilevante la correttezza formale e sostanziale nell'”operazione di bonifico“. Eventuali refusi nelle coordinate bancarie del beneficiario, ad esempio, potrebbero indurre a ritardi nell’accreditamento della somma. Per sapere quindi come fare un bonifico correttamente è necessario imparare a compilare tutti i campi richiesti in maniera accurata.

In secondo luogo, anche i volumi di lavoro gestiti dalle banche in un determinato periodo possono avere ripercussioni: momenti di picco possono portare l’istituto ad impiegare più tempo nel disbrigo pratiche. Ulteriore variabile è rappresentata dal circuito interbancario adottato per la compensazione: il sistema più rapido è quello gestito in via esclusiva dalla Banca d’Italia, più lungo risulta l’impiego del circuito TARGET2.

Da non sottovalutare infine la distanza geografica tra le due banche coinvolte: l’accredito sarà certamente più celere se entrambe sono radicate nello stesso contesto territoriale piuttosto che comunicare da Paesi diversi. Tali fattori, in concorso tra loro, potrebbero allungare i tempi “standard“, che pertanto vanno sempre considerati come puramente indicativi.

Esenzione IVA: casistica e modalità di gestione in fattura

L’esenzione IVA e la relativa gestione in fattura costituiscono aspetti di notevole rilevanza per operatori e professionisti. La normativa prevede specifiche ipotesi di non assoggettamento dell’Imposta sul valore aggiunto per talune operazioni.

In particolare, la legge riconosce l’agevolazione per cessioni e servizi connessi ad attività di rilievo sociale quali sanità, istruzione e cultura. Risulta quindi essenziale la corretta conoscenza del quadro giuridico di riferimento e delle disposizioni dell’Agenzia delle Entrate.

I soggetti che applicano l’esenzione ai sensi dell’articolo 10 devono attestarla in sede di adempimenti dichiarativi. Fondamentale risulta altresì l’osservanza delle istruzioni amministrative per la compilazione dei modelli. Cruciale infine l’allineamento degli aspetti contabili, ad esempio l’indicazione delle causali nella fatturazione elettronica. Solo attraverso la piena ottemperanza degli obblighi formali è possibile godere legittimamente dei benefici legislativi.

Esenzione IVA: i casi normativi che la prevedono

L’esenzione IVA è disciplinata da precise disposizioni normative che definiscono i casi in cui alcune particolari operazioni sono escluse dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.

In linea generale, per poter beneficiare dell’esenzione Iva, un’operazione deve mancare di almeno uno dei tre requisiti fondamentali: il requisito soggettivo, oggettivo e territoriale. La mancanza di anche solo uno di questi elementi comporta che l’operazione sia esclusa dall’Iva e l’operatore non deve né addebitare l’imposta al cliente né versarla all’Erario.

Le operazioni che ricadono nel campo di applicazione dell’Iva sono tipicamente imponibili, con addebito dell’aliquota. Tuttavia, la normativa prevede anche operazioni considerate “non imponibili” e operazioni “esenti“. In entrambi i casi si applicano tutti gli obblighi legati alla fatturazione elettronica, registrazione e dichiarazione, ma l’IVA non viene addebitata al cliente.

Tra le operazioni non imponibili rientrano le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nell’ambito dei rapporti con l’estero, come le esportazioni. Le operazioni esenti, invece, riguardano alcune cessioni e prestazioni individuate espressamente dalla legge, come ad esempio le prestazioni sanitarie o le attività educative e culturali.

Per le piccole imprese è prevista la possibilità di accedere al regime forfettario che comporta l’esenzione dalla maggior parte degli adempimenti IVA, inclusi l’addebito dell’imposta e il suo versamento. Tale regime prevede precisi limiti di ricavi/compensi e di spese sostenute. (Per tutte le specifiche relative al regime forfettario potete approfondire sulla nostra Guida Regime Forfettario 2024 )

Inoltre, alcune categorie di soggetti sono esonerati anche dalla presentazione della dichiarazione IVA annuale, come i contribuenti che hanno effettuato solo operazioni esenti ove rientra il caso normativo dell’esenzione IVA oggetto di questa trattazione.

Esenzione iva

Esenzione IVA art 10: le modalità di applicazione

I soggetti che godono dell’esenzione sull’imposta sul valore aggiunto per le operazioni individuate dalla norma, devono obbligatoriamente indicare e documentare detta causale di non assoggettabilità nella dichiarazione IVA.

Nello specifico, nel modulo VA della dichiarazione IVA annuale (modello AA9/AA10), vanno compilati i campi relativi alla causale di non assoggettamento. Per ciascuna operazione da non assoggettare a tassazione, occorre barrare la casella “Esenzione” e indicare il “Codice esenzione” corrispondente al numero dell’articolo 10 (ad es. 1 per le operazioni bancarie e di credito).

Nel riepilogo annuale delle liquidazioni periodiche (modulo VP), in corrispondenza della colonna “Non imponibile”, bisogna riportare distintamente l’ammontare delle operazioni esentate ai sensi dell’articolo 10.

Le istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione IVA annuale (modelli AA9/AA10), pubblicate sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, chiariscono come vanno compilati i moduli VA e VP indicando le casistiche di non assoggettamento, tra cui l’esenzione.

In caso di verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate, questa documentazione consente di attestare in modo formale il corretto utilizzo della causa di esenzione IVA prevista per legge. Applicandola dunque nelle dichiarazioni è possibile godere della corrispondente agevolazione fiscale.

 

 

 

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024: la situazione tra divieto e invio al Sistema Tessera

La fatturazione elettronica coinvolge molte categorie, ma alcune rimangono temporaneamente escluse per ragioni normative. Tra queste, i fisioterapisti, per i quali nel 2024 permangono limitazioni sancite da provvedimenti come il Decreto Milleproroghe e il GDPR. L’articolo analizza le dinamiche legislative in essere con un focus sulle procedure ammesse e le possibili modalità operative in ottica di futuro adeguamento.

Particolare attenzione è dedicata agli strumenti oggi a disposizione dei fisioterapisti per familiarizzare con la fatturazione elettronica nonostante il divieto, in modo da farsi trovare pronti a nuovi sviluppi normativi. Si tratta quindi di una tematica rilevante che merita un’analisi approfondita del quadro di riferimento e delle strategie applicative.

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024: proroga del divieto

Nel 2024 è prorogato di un anno il divieto di fatturazione elettronica per gli operatori sanitari come previsto dal Decreto Milleproroghe approvato dal Governo. L’articolo 3 comma 4 estende anche al 2024 quanto disposto dall’articolo 10-bis del Decreto Legge 119/2018, che esclude tali soggetti dall’obbligo di fatturazione elettronica.

Rimane in vigore il divieto per gli operatori sanitari come fisioterapistilogopedisti e altri di emettere fattura elettronica attraverso il Sistema di Interscambio, in quanto i dati sanitari sensibili contenuti non rispetterebbero la normativa sulla protezione dei dati personali. Il Garante per la Privacy aveva infatti imposto tale esclusione ritenendo non conforme al regolamento GDPR il transito di tali informazioni attraverso tale sistema.

Gli operatori interessati sono quindi laboratori biomedici, dietisti, fisioterapisti, logopedisti, podologi e molti altri soggetti che erogano prestazioni sanitarie nei confronti delle persone fisiche. Rimane invece l’obbligo per le prestazioni veterinarie e quelle verso soggetti diversi dalle persone fisiche come le assicurazioni.

Nel 2024, nonostante la proroga del divieto, gli operatori sanitari come i fisioterapisti possono comunque iniziare a utilizzare sistemi di fatturazione elettronica per ottenere comunque fatture cartacee. In questo modo saranno già pronti nel caso in cui l’obbligo venga introdotto in futuro, senza dover affrontare l’adeguamento in emergenza. Inoltre iniziando a utilizzare programmi di fatturazione elettronica anche per la creazione di fatture cartacee diventa più semplice la conservazione dei documenti creati e l’invio dei dati da parte del commercialista al Sistema Tessera Sanitaria.

La fatturazione elettronica fisioterapisti 2024 viene dunque prorogata di un anno ma i professionisti possono comunque iniziare a utilizzare software specifici per non farsi trovare impreparati nel caso di future modifiche normative.

Fatturazione elettronica fisioterapisti 2024

Fisioterapista fattura elettronica 2024: le modalità operative

Nonostante nel 2024 permanga il divieto per i fisioterapisti di emettere fattura elettronica, è utile analizzare le potenziali modalità operative da adottare qualora la normativa dovesse cambiare in futuro.

I professionisti sanitari come i fisioterapisti che intendono iniziare ad adeguarsi alle procedure di fatturazione elettronica possono già oggi sfruttare software specifici in grado di gestire l’intero processo in modo semplice ed efficiente. Attraverso piattaforme professionali è possibile compilare, firmare e conservare digitalmente le proprie fatture sanitarie, oltre a provvedere all’invio dei relativi dati al Sistema Tessera Sanitaria.

Per le prestazioni rese a persone fisiche, il fisioterapista dopo aver emesso la fattura elettronica dovrà caricarla sul software; questo provvederà automaticamente a inviare telematicamente i dati necessari al Sistema Tessera Sanitaria senza ulteriori adempimenti.

Per le fatture emesse a soggetti non privati, invece, il fisioterapista potrà direttamente inviare il documento fiscale al Sistema di Interscambio.

Utilizzando queste sezioni differenziate, il fisioterapista potrà gestire correttamente il processo anche in una prima fase di transizione normativa mantenendo già attive le procedure necessarie a fare impresa in modo conforme. Grazie a queste modalità operative standardizzate la fatturazione elettronica fisioterapisti 2024 risulterebbe automatica, senza complicazioni, nel caso di introduzione dell’obbligo già nell’immediato futuro.

Fatturazione elettronica ASD 2024: l’estensione dell’obbligo e le indicazioni operative per l’adempimento

Con l’estensione della fatturazione elettronica ASD 2024 a tutte le associazioni sportive dilettantistiche, a prescindere dai ricavi conseguiti, è necessario per gli operatori del settore effettuare una puntuale riorganizzazione degli adempimenti fiscali e amministrativi.

La nuova disciplina della fatturazione elettronica riguarda trasversalmente sia le ASD che applicano la normativa speciale di cui al Decreto Legislativo 367/1998, sia quelle aventi una diversa regolamentazione contabile ex Legge 398/1991. Gli operatori sono così tenuti ad attivare procedure completamente digitali per l’emissione, l’invio e la conservazione delle fatture.

In particolare, l’introduzione dagli obblighi a partire da gennaio 2024 ha reso necessario per le associazioni sportive dilettantistiche un adeguamento dei sistemi informativi finalizzato a interfacciarsi correttamente con il network tecnologico dell’Agenzia delle Entrate. Tra le principali attività da svolgere è indispensabile l’utilizzo del Sistema di Interscambio, per effettuare tutte le procedure digitali per la trasmissione dei documenti fiscali elettronici.

Gli operatori devono inoltre provvedere all’aggiornamento delle competenze del personale amministrativo, nonché all’adozione di idonee soluzioni software per assolvere gli obblighi di conservazione digitale e di corretta registrazione contabile previsti dalla disciplina sulla fatturazione elettronica asd 2024.

Fatturazione elettronica ASD 2024: l’estensione dell’obbligo

Con la diffusione degli adempimenti digitali nel sistema tributario italiano, si estendono progressivamente gli obblighi di fatturazione elettronica anche a categorie di operatori finora escluse. Da gennaio 2024, la normativa ha introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica tramite Sistema di Interscambio (SdI) per le associazioni sportive dilettantistiche (ASD) con partita IVAindipendentemente dai ricavi conseguiti nell’anno precedente.

Le ASD ricoprono un ruolo significativo nell’ambito dell’associazionismo no-profit italiano e nella promozione dello sport di base. Si stima siano presenti sul territorio nazionale oltre 100.000 associazioni sportive dilettantistiche, che svolgono un’insostituibile funzione sociale e formativa. Grazie al loro operato, migliaia di bambini e ragazzi hanno la possibilità di avvicinarsi allo sport già in giovane età, sviluppando non solo abilità e tecnica ma anche importanti valori come la lealtà, il rispetto delle regole e lo spirito di squadra. Le ASD rappresentano inoltre un punto di riferimento per molte piccole realtà locali, incentivando la socializzazione, l’aggregazione di comunità e la diffusione di stili di vita sani. Soprattutto a livello giovanile, svolgono un compito insostituibile nel contrasto al disagio sociale, promuovendo l’inclusione e l’integrazione attraverso lo sport. La loro attività è quindi essenziale per la promozione dello sport di base sul territorio e riveste un valore sociale di primaria importanza.

Fatturazione elettronica asd 2024

La fatturazione elettronica ASD 2024 rappresenta quindi un cambiamento rilevante per migliaia di realtà sportive dilettantistiche, tenute finora escluse dall’obbligo di fatturazione elettronica. Gli operatori devono pertanto adeguare i propri sistemi gestionali alle nuove modalità digitali di emissione e conservazione della documentazione fiscale.

Risulta fondamentale, per questi soggetti, tenersi aggiornati sulle più recenti indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate in merito ai vari adempimenti operativi introdotti dalla nuova disciplina di fatturazione elettronica ASD 2024. 

Fattura elettronica ASD 2024: le indicazioni operative per l’adempimento della fatturazione elettronica

Con l’introduzione della fatturazione elettronica ASD 2024, le associazioni sportive dilettantistiche devono quindi adeguare i propri processi amministrativi e fiscali alle nuove disposizioni. Nel dettaglio, per ottemperare correttamente all’obbligo di fatturazione elettronica a partire da gennaio 2024, le Società sportive dilettantistiche devono adottare una serie di adempimenti di natura prettamente operativa.

Come abbiamo accennato devono necessariamente utilizzare il  Sistema di Interscambio messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate per trasmettere e ricevere le fatture in formato elettronico. A tal fine, gli operatori possono così acquisire il codice identificativo SdI e le relative credenziali di accesso. Un ulteriore passaggio riguarda le modalità di emissione e invio al sistema delle fatture elettroniche, documentando in modo corretto i singoli documenti fiscali. Infine sono indispensabili una serie di attività di conservazione sostitutiva dei file XML delle fatture e un’opportuna gestione degli adempimenti IVA.

Queste modifiche operative devono essere implementate tempestivamente dalle società sportive dilettantistiche per garantire il corretto adempimento degli obblighi di fatturazione elettronica introdotto dall’inizio del 2024.

Registrazione fattura servizi intra UE: registrazione delle fatture e adempimenti di versamento e dichiarazione

La normativa IVA prevede specifici obblighi per le prestazioni di servizi tra operatori di Stati UE. La disciplina relativa alla registrazione fattura servizi intra UE è un argomento attuale e di grande rilevanza per tutti gli operatori.

Gli adempimenti legati alla registrazione delle fatture emesse e ricevute nel contesto degli scambi transfrontalieri di servizi sono molteplici ed è molto importante conoscerli per poter operare in tranquillità. In particolare gli obblighi di versamento IVA mediante F24 e agli adempimenti dichiarativi previsti per le operazioni oggetto di disciplina, rivestono un ruolo di particolare importanza. È bene quindi conoscere e saper applicare correttamente tutti gli obblighi connessi alla compilazione delle statistiche commerciali INTRASTAT. 

Registrazione fattura servizi intra UE

La disciplina delle prestazioni di servizi effettuate nell’ambito delle operazioni intracomunitarie prevede specifici obblighi di registrazione per gli operatori economici. Secondo quanto stabilito dalle vigenti normative dell’Unione Europea, recepite nei nostri ordinamenti nazionali attraverso il Decreto Legislativo 331 del 1993, i soggetti passivi IVA residenti in Italia che emettono o ricevono fatture per servizi prestati ad altri operatori stabiliti in altri Stati Membri hanno l’onere di annotare tali documenti contabili nel proprio registro IVA in modo completo e diligente.

Le fatture devono essere registrate in maniera distinta riportando in modo accurato la data di emissione o ricezione, il numero progressivo della fattura stessa nonché i dati identificativi del committente o cessionario estero quali denominazione, ragione sociale e indirizzo. Deve essere presentate anche la dettagliata descrizione della natura, qualità e quantità del servizio fatturato, nonché della relativa aliquota IVA e dell’importo di imposta calcolata. L’operazione di registrazione fattura servizi intra UE sintetizza in maniera efficace l’insieme degli obblighi di registrazione a cui sono chiamati i soggetti IVA nazionali per le fatture emesse e ricevute per prestazioni di servizi oggetto di scambio intracomunitario.

Registrazione fattura servizi intra UE

Le fatture di servizi devono essere registrate distintamente nel registro IVA al fine di consentire la corretta liquidazione periodica dell’imposta sul valore aggiunto. Come noto, infatti, per le prestazioni di servizi intra UE il ” momento impositivo“, coincide con il momento di effettuazione materiale del servizio e determina il periodo di tassazione e di versamento dell’IVA. Pertanto le fatture assumono rilievo anche ai fini della compilazione della dichiarazione IVA e degli elenchi riepilogativi INTRASTAT relativi allo scambio di servizi tra operatori comunitari. La Fatturazione elettronica obbligatoria in Europa si riferisce all’obbligo previsto dalle normative UE di emettere ed inviare fatture elettroniche B2B attraverso il Sistema di Interscambio anche per le operazioni connesse alle prestazioni transfrontaliere di servizi. 

Adempimenti di versamento e dichiarazione IVA per le prestazioni di servizi intra UE

Per quanto riguarda gli adempimenti di versamento e dichiarazione IVA per le prestazioni di servizi intra-UE, la normativa prevede precise regole al fine di consentire la corretta liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto. Le fatture relative a tali prestazioni transfrontaliere di servizi concorrono alla liquidazione IVA del periodo in cui si considera effettuata l’operazione ai sensi dell’art.7-ter del DPR 633/1972. Successivamente, è necessario assolvere l’obbligo di versamento dell’IVA dovuta mediante utilizzo del modello F24 entro la scadenza stabilita per la relativa liquidazione periodica.

Inoltre, nella dichiarazione IVA devono essere indicate, nella sezione 1 dedicata alle operazioni imponibili, le prestazioni di servizi intracomunitarie che comportano assolvimento di IVA in Italia. Da ultimo, un adempimento rilevante è la compilazione degli elenchi riepilogativi INTRASTAT al fine di fornire dati statistici completi e corretti sul volume di servizi prestati e ricevuti dall’Unione Europea.

Tali elenchi riepilogativi devono essere inviati all’Agenzia delle Dogane secondo le scadenze previste dalla normativa unionale in materia. Gli adempimenti di versamento e dichiarazione IVA per le prestazioni di servizi intra UE riguardano quindi tutti gli obblighi principali cui sono tenuti i soggetti passivi IVA nazionali in relazione alla fatturazione elettronica di tali prestazioni transfrontaliere tra operatori comunitari.

Utile fiscale: metodologia e aliquote

La corretta determinazione dell’utile fiscale riveste una fondamentale importanza per gli adempimenti connessi al versamento delle imposte dovute. La conoscenza dell’utile fiscale è infatti indispensabile per conoscere con precisione l’ammontare dell’imposta sul reddito delle società, dell’IRAP e di eventuali addizionali regionali e comunali dovute in base al reddito conseguito.

Il calcolo dell’utile fiscale tuttavia richiede competenze specialistiche in merito alla normativa civilistica e fiscale. La complessità degli adempimenti e delle regole di determinazione dell’imponibile rappresenta un ostacolo anche per operatori esperti della contabilità aziendale. Diviene quindi fortemente consigliabile affidare il calcolo dell’utile fiscale e gli adempimenti dichiarativi e di versamento delle imposte a professionisti e studi commercialisti specializzati nel settore.

Gli esperti fiscalisti sono in grado di garantire la corretta applicazione di tutte le vigenti disposizioni, sgravando le aziende da oneri di natura amministrativa e da possibili errori nella gestione degli adempimenti. L’affidamento dei servizi a professionisti competenti costituisce quindi la soluzione preferibile per assicurare che il calcolo dell’utile fiscale, necessario al pagamento delle imposte dovute, sia svolto con la massima precisione e aderenza alle norme di legge.

Utile fiscale: elementi positivi e negativi della base imponibile

L’utilizzo di una base imponibile per determinare l’utile fiscale presenta elementi positivi e negativi da considerare attentamente. Gli aspetti positivi della base imponibile derivano dalla sua capacità di monitorare il reale reddito generato dall’impresa. Attraverso la considerazione sistematica di tutti i costi e i ricavi conseguiti nell’esercizio, la base imponibile permette di calcolare in modo oggettivo l’utile fiscale. Questo approccio rispecchia fedelmente la capacità contributiva dell’impresa e ne assicura l’equità dell’imposizione fiscale.

Bisogna però osservare che la base imponibile può comportare degli svantaggi legati alla sua complessità applicativa. Il suo calcolo richiede infatti la puntuale registrazione di una mole considerevole di operazioni, come previsto dalla normativa civilistica e fiscale. Ciò implica per le imprese degli oneri amministrativi rilevanti, connessi alla contabilizzazione e conservazione dei documenti giustificativi di tutte le voci che concorrono al risultato d’esercizio.

Utile fiscale

Inoltre, la determinazione dell’utile civilistico su cui si basa la tassazione del reddito d’impresa non tiene conto di alcune poste che, pur non influenzando la capacità economica, ne alterano l’ammontare. È il caso ad esempio degli ammortamenti, che costituiscono un mero trasferimento contabile e non incidono realmente sul flusso di liquidità dell’impresa.

Da ciò si evince che la base imponibile, pur assicurando un’imposizione equa e oggettiva, comporta degli oneri amministrativi e una complessità attuativa non trascurabili, specie per le piccole e medie imprese. Un sistema alternativo potrebbe basarsi su parametri più semplici, come il fatturato, sebbene questo allontanerebbe la tassazione dal reale ”utile fiscale”. A tal fine, strumenti quali la fatturazione elettronica possono agevolare gli adempimenti e ridurre gli oneri a carico delle imprese. 

Utile civile e utile fiscale: aliquote IRES e possibilità di deduzioni/esenzioni

L’utile civilistico e l’utile fiscale si differenziano principalmente per l’aliquota IRES applicata e le possibilità di deduzioni previste dalla normativa tributaria.

L’utile civilistico rappresenta il risultato economico civilistico dell’esercizio, determinato in conformità alle disposizioni del codice civile. L’utile fiscale invece corrisponde all’imponibile su cui è applicata l’aliquota IRES prevista, dopo aver considerato le specifiche regole civilistiche e fiscali. Attualmente l’aliquota IRES ordinaria è pari al 24% per la generalità dei soggetti IRES, mentre rimane al 27,5% per le banche e gli altri enti finanziari. Rispetto all’utile civilistico, il legislatore fiscale prevede tuttavia la possibilità di dedurre alcune poste ai fini della determinazione dell’utile fiscale.

Tra le principali deduzioni ammesse si ricordano gli ammortamenti, gli accantonamenti ai fondi rischi, le perdite di esercizi precedenti e gli interessi passivi. Tali componenti negative, pur non incidendo sull’utile netto civilistico, consentono di ridurre la base imponibile ai fini IRES.

Il versamento dell’imposta dovuta avviene mediante il modello di pagamento unificato Modulo F24, entro il termine di scadenza dell’acconto o del saldo IRES. Tale adempimento assicura il rispetto dell’obbligo tributario connesso al reddito d’impresa. La disciplina civilistica e quella fiscale prevedono approcci non coincidenti per l’individuazione del reddito imponibile, al fine di garantire un’equa tassazione che tenga conto delle specifiche caratteristiche del sistema tributario.

Coefficiente di redditività forfettario: determinazione, ambito di applicazione e obblighi di comunicazione

Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario riveste un’importanza fondamentale per tutti i soggetti che applicano il regime forfettarioIl coefficiente di redditività forfettario consente infatti di determinare il reddito presunto cui applicare l’imposta sostitutiva e di calcolare i contributi previdenziali dovuti.

Sebbene il metodo di calcolo sia relativamente semplice, in quanto prevede l’applicazione del coefficiente ai ricavi o compensi conseguiti nel periodo d’imposta, è bene che tale operazione sia affidata a professionisti esperti, in grado di individuare correttamente il codice ATECO di appartenenza e il valore del coefficiente da utilizzare.

Un errore nell’attribuzione del codice o nell’applicazione del valore tabellare del coefficiente potrebbe infatti determinare una non corretta quantificazione del reddito imponibile e di conseguenza il pagamento di un’imposta sostitutiva e di contributi previdenziali non dovuti. Affidandosi a professionisti qualificati ci si assicura dunque il rispetto di tutti gli adempimenti connessi al regime forfettario e si evitano possibili sanzioni in caso di irregolarità. 

Coefficiente di redditività forfettario: cos’è e come si calcola

Il coefficiente di redditività forfettario è uno strumento utile e obbligatorio per molti commercianti al dettaglio e artigiani per la determinazione del reddito presunto. Il calcolo del coefficiente di redditività forfettario si basa su parametri oggettivi stabiliti per legge.

Il coefficiente di redditività forfettario è applicato a tutti quei titolari di attività commerciali al dettaglio e di imprese artigianali che non sono tenute alla contabilità formale e che optano per il regime di vantaggio o per il regime dei minimi. Questo calcolo consente di determinare in modo semplificato e forfettario il reddito presunto di tali attività, che è poi assoggettato a tassazione.

Per calcolarlo è necessario in primo luogo individuare il codice di attività dell’impresa secondo la classificazione ATECOFIN. In base a questo codice sono associati a ciascuna tipologia di attività uno o più coefficienti di redditività, stabiliti con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base dei dati desunti dalle dichiarazioni dei redditi delle imprese omogenee. Ad esempio, per il codice di attività di barbiere il coefficiente di redditività forfettario è pari al 78%.

Coefficiente di redditività forfettario

A questo punto, per ottenere il reddito presunto si applica semplicemente il coefficiente di redditività forfettario ai ricavi dell’esercizio desunti dalla fatturazione elettronica obbligatoria. Pertanto, nell’esempio precedente del barbiere, se i suoi ricavi ammontassero a 50.000 euro, il reddito presunto, risultante dall’applicazione del coefficiente del 78%, sarebbe pari a 39.000 euro (50.000 * 0,78).

Pertanto, il calcolo del coefficiente di redditività forfettario costituisce uno strumento semplice ma obbligatorio ai fini fiscali per la determinazione del reddito presunto di molte piccole imprese, basandosi su parametri oggettivi che tengono conto della specifica attività svolta e dei suoi ordinari livelli di redditività.

Coefficienti di redditività regime forfettario: periodo di applicazione e variazioni

I coefficienti di redditività previsti per il regime forfettario sono stabiliti annualmente con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze e trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta di riferimento. Negli anni si sono registrate variazioni sia dei valori dei coefficienti che del loro periodo di efficacia.

Per gli anni 2018 e 2019 è stato deliberato, ad esempio, l’utilizzo della medesima tabella, contenente valori stabiliti in riduzione rispetto al passato per tenere conto della crisi economica. In particolare, per l’anno 2018 si sono applicati coefficienti con valori compresi tra il 40% e l’81%, in base alla tipologia di attività esercitata. Per l’anno 2019 è rimasta valida la stessa tabella, in attesa di successivi aggiornamenti normativi.

Nel gennaio 2020 è stato poi pubblicato il decreto attuativo con i nuovi coefficienti di redditività per il regime forfettario efficaci per il periodo d’imposta 2020. La nuova tabella ha previsto un rialzo generale dei valori, con coefficienti compresi ora tra il 48% e l’98% a seconda del codice ATECO. Queste variazioni sono conseguenza della ripresa economica intrapresa.

È altresì da ricordare che con la legge di bilancio 2023 è stata stabilita una nuova soglia massima di fatturato pari a 85.000 euro annui per poter beneficiare del regime forfettario. Tale limitazione ha ampliato la platea dei contribuenti assoggettabili ai coefficienti di redditività.

IVA farmaci: aliquote a confronto e regole della filiera produttiva e distributiva

L’applicazione dell’IVA sui farmaci è da sempre oggetto di un acceso dibattito che coinvolge ambiti trasversali. L’IVA farmaci è una discussione aperta che dipende dall’evoluzione di molteplici fattori, quali la sostenibilità economica del sistema sanitario, l’accessibilità alle cure da parte dei cittadini, gli standard europei in materia fiscale e gli interessi dell’industria farmaceutica.

In particolare, i termini del dibattito sono influenzati da:

  • La spesa pro-capite per i farmaci a carico delle famiglie e dello Stato;
  • L’andamento dei corrispettivi telematici per i medicinali erogati dal SSN;
  • Le Linee guida e i Regolamenti UE in tema di IVA e agevolazioni fiscali sui prodotti sanitari;
  • Gli equilibri di bilancio del settore e gli effetti delle aliquote IVA sul prezzo finale dei medicinali.

In questo contesto dinamico e articolato si inseriscono le discussioni periodiche attorno all’opportunità di modificare le aliquote IVA applicate ai prodotti farmaceutici, al fine di massimizzare accessibilità e sostenibilità di lungo periodo del sistema.

IVA farmaci: cosa cambia per le aliquote su farmaci da banco e medicinali

L’aliquota IVA applicata sui farmaci è oggetto di discussione da tempo. IVA farmaci indica l’Imposta sul valore aggiunto da applicare sui medicinali da banco e su quelli che necessitano di prescrizione medica. Attualmente l’Imposta sul valore aggiunto sui farmaci da banco è del 22%, mentre per i medicinali su prescrizione è del 10%. Recentemente è stata evidenziata la necessità di rimodulare le aliquote per rendere i farmaci più accessibili economicamente per i cittadini. In particolare, si discute da anni di prevedere un’aliquota agevolata per tutti i medicinali, a prescindere dalla modalità di dispensazione.

La proposta sostenuta da più parti è quella di applicare un’aliquota IVA ridotta al 5% su tutti i farmaci. Questo, secondo gli analisti, consentirebbe un risparmio medio a famiglia di circa 75-100 euro l’anno e contribuirebbe a rendere la spesa farmaceutica complessiva a carico dei cittadini più sostenibile.

IVA farmaci

Portare l’IVA al 5% su tutti i medicinali, come indicato dall’OCSE, rientrerebbe pienamente negli standard europei in tema di equità e accessibilità delle cure. La maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea, infatti, applica un’aliquota agevolata inferiore al 10% sui farmaci, a prescindere dalla modalità di dispensazione.

Rimodulare le aliquote IVA sui farmaci potrebbe quindi migliorare l’accesso alle cure e la sostenibilità della spesa sanitaria da parte delle famiglie, senza compromettere la sostenibilità del settore. Un intervento in tal senso appare opportuno per il nostro sistema e in linea con gli standard europei.

IVA sui farmaci: obblighi e sistemi di fatturazione IVA per le aziende farmaceutiche

L’applicazione dell’IVA sui farmaci comporta degli obblighi anche per le aziende produttrici e distributrici. Le norme fiscali prevedono che le società farmaceutiche debbano emettere fatture che riportino chiaramente l’aliquota IVA applicata per ciascun prodotto venduto. Queste fatture possono essere emesse in formato elettronico attraverso il Sistema di Interscambio, oppure su supporto cartaceo per specifiche cessioni/prestazioni (almeno fino alla fine del 2024 prossimo grazie all’articolo 3 del decreto-legge n. 215/2023 (cd Milleproroghe)). Le aziende sono inoltre tenute alla fatturazione differita per alcune categorie di farmaci soggetti a prescrizione medica, come stabilito dal Decreto Ministeriale del 13 dicembre 2013. In questi casi, la fattura è emessa al momento dell’incasso del corrispettivo dal Servizio Sanitario Nazionale.

Le società farmaceutiche devono infine provvedere al versamento periodico dell’IVA dovuta allo Stato, distinguendo l’imposta relativa ai medicinali ad aliquota piena da quella per i prodotti ad aliquota ridotta. A ciò si aggiungono gli obblighi di registrazione e tenuta della contabilità IVA.

La disciplina dell’IVA sui farmaci comporta per le aziende della filiera precisi obblighi di fatturazione, versamento dell’imposta e conservazione della documentazione fiscale, per certe prestazioni in formato cartaceo mentre per altre in formato elettronico con la fatturazione elettronica. Il rispetto delle norme è funzionale al corretto assolvimento degli oneri fiscali.

Fatture Intra UE: rinvio al 2030, la situazione

La fatture intra UE, previste inizialmente per il 1° gennaio 2028, sono state rinviate al 1° luglio 2030. Questo cambiamento fa parte del pacchetto legislativo “VAT in the Digital Age” (VIDA), confermato durante l’Ecofin del 14 maggio 2024. Ecco cosa è successo e cosa significa per le imprese europee.

Cos’è il Pacchetto VIDA?

Il pacchetto VIDA è una serie di misure proposte dalla Commissione Europea l’8 dicembre 2022 per modernizzare e digitalizzare il sistema dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) in Europa. Queste misure includono:

  • Obbligo di fatturazione elettronica: le aziende dovranno emettere fatture elettroniche per tutte le transazioni intra-UE;
  • Rendicontazione digitale: i dati delle operazioni saranno inviati in tempo reale alle autorità fiscali;
  • Registrazione unica IVA (SVR): le aziende avranno una sola registrazione IVA valida in tutta l’UE.

Fatture intra UE: perché il rinvio?

L’implementazione di queste nuove regole richiede tempo e preparazione da parte degli Stati membri e delle imprese. Rinviare la scadenza al 1° luglio 2030 permette di armonizzare le normative nazionali agli standard europei e di garantire che tutte le parti coinvolte siano pronte. Inoltre, questo rinvio mira a:

  • Ridurre il VAT gap: utilizzando la digitalizzazione per combattere l’evasione fiscale;
  • Contrasto alle frodi: facilitare la raccolta e lo scambio di informazioni tra le autorità fiscali.

 

Fatture Intra EU rinvio al 2030, la situazione

Nuove scadenze e modifiche

  1. Fatturazione elettronica europea: l’obbligo di fatturazione elettronica per le operazioni intra-UE entrerà in vigore il 1° luglio 2030. Questo include l’obbligo di presentare report digitali in tempo reale;
  2. Registrazione unica IVA (SVR): l’introduzione della registrazione unica IVA è stata posticipata al 1° luglio 2027, rispetto alla data iniziale del 1° gennaio 2025;
  3. Norme per le piattaforme elettroniche: la disciplina sul fornitore presunto per i gestori di piattaforme elettroniche è stata differita al 1° gennaio 2026;
  4. Armonizzazione degli standard: le normative nazionali dovranno essere armonizzate agli standard europei UBL o CII entro il 1° gennaio 2035.

Cosa significa per le imprese?

Il rinvio offre alle imprese più tempo per adeguarsi alle nuove regole, permettendo una maggiore preparazione. Le aziende potranno aggiornare i propri sistemi di fatturazione e rendicontazione, migliorando la loro capacità di conformarsi alle nuove normative. Questo cambiamento faciliterà anche la riduzione delle frodi fiscali grazie alla digitalizzazione, che aumenterà la trasparenza e l’efficienza dei processi. Inoltre, l’armonizzazione normativa consentirà a tutti i Paesi membri di adottare standard uniformi, semplificando le operazioni commerciali intra-UE.

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IVA sul vino: aliquote, registro e obblighi fiscali della filiera vitivinicola

L’IVA sul vino presenta in Italia alcune specifiche caratteristiche che è opportuno conoscere accuratamente per chi opera nel settore vitivinicolo. L’IVA sul vino varia in funzione del grado alcolico ovvero si applicano aliquote diverse a seconda che si superi o meno la soglia dell’11%. Inoltre, un’ulteriore distinzione è legata alla destinazione d’uso del prodotto, se per il consumo oppure per la somministrazione al banco o al tavolo.

Queste peculiarità del tributo devono essere correttamente considerate per sapere esattamente come calcolare l’iva in fattura. I produttori, i commercianti all’ingrosso e i rivenditori al dettaglio sono tenuti a indicare l’aliquota specifica a seconda del caso. Eventuali errori nell’applicazione della normativa fiscale possono comportare sanzioni.

Pertanto, al fine di operare nel rispetto delle disposizioni vigenti, risulta fondamentale per tutti i soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola avere piena cognizione delle regole che disciplinano l’IVA sul vino in Italia e saperle correttamente applicare nella pratica contabile quotidiana.

Aliquota IVA sul vino: come varia in base al grado alcolico e alla destinazione d’uso

L’IVA sul vino con grado alcolico fino al 10% incluso è pari al 10% se destinato al consumo, mentre per la somministrazione al banco o al tavolo è del 22%. Per i vini con grado alcolico superiore al 10% e fino al 15% incluso, l’aliquota IVA è sempre del 22% a prescindere dalla destinazione. I vini con grado alcolico superiore al 15% sono invece sempre assoggettati a un’aliquota IVA del 10%, anche se destinati alla somministrazione.

Per quanto concerne la fatturazione elettronica, essa è obbligatoria per tutti i soggetti titolari di partita IVA residenti, stabiliti o identificati in Italia. Anche per le operazioni relative alla commercializzazione dei vini si applica tale obbligo. In particolare, i produttori di vino devono emettere e ricevere fatture esclusivamente in formato digitale per qualsiasi cessione effettuata, sia essa destinata alla grande distribuzione organizzata, alla ristorazione o alla vendita diretta.

IVA sul vino

I criteri che distinguono le aliquote sono stabiliti dalla normativa comunitaria e internazionale in materia di armonizzazione delle accise sui prodotti alcolici. L’IVA sul vino con grado fino al 10% è ritenuta più simile a un prodotto alimentare piuttosto che ad una bevanda alcolica e per questo è soggetta ad aliquota ridotta. Viceversa, per i vini con grado superiore all’11% prevale la componente alcolica che li rende equiparabili agli alcolici e ciò giustifica l’aliquota IVA maggiorata. 

IVA sul vino: Regime IVA per la produzione e commercializzazione del vino

Il regime IVA applicabile alla produzione e commercializzazione del vino prevede diverse disposizioni in base alle fasi del ciclo produttivo. Per quanto riguarda la produzione vera e propria, l’imposta sul valore aggiunto non grava sugli autoconsumi e le cessioni effettuate dai produttori agricoli di uve e mosti destinati alla trasformazione in vino. Questi soggetti applicano infatti il regime speciale IVA previsto per il settore agricolo in base al quale non sono assoggettati al pagamento dell’IVA. Diverso è il regime applicabile ai trasformatori, quali le cantine e i produttori di vino. Per costoro l’IVA sul vino si applica sulle cessioni effettuate, sia in acconto che a saldo. L’aliquota varia in base al grado alcolometrico del prodotto come già evidenziato.

Per la commercializzazione del vino, i soggetti che lo cedono, sia all’ingrosso che al dettaglio, sono tenuti a fatturare le operazioni applicando l’IVA secondo le aliquote previste. Eventuali esportazioni del prodotto consentono invece il rilascio della bolletta doganale che attesta l’esenzione IVA per le cessioni intracomunitarie e le esportazioni extra UE.

La produzione del vino gode di un particolare regime IVA di favore, mentre la trasformazione e la commercializzazione seguono le normali disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto.