A cosa serve la fattura veramente

La fattura elettronica è uno strumento fondamentale per le aziende, sia grandi che piccole, che operano in diversi settori. La fattura è un documento che consente di registrare le transazioni commerciali, di tutelare legalmente le parti coinvolte e di monitorare l’attività aziendale. Le fatture rappresentano un pilastro fondamentale del nostro sistema fiscale e commerciale. Infatti, la loro importanza risiede nella possibilità di registrare e tracciare le transazioni commerciali, fornendo così alle autorità fiscali e agli imprenditori stessi, un’adeguata tracciabilità delle operazioni commerciali effettuate.

Le fatture rappresentano uno strumento di tutela legale per le parti coinvolte nelle transazioni commerciali, in quanto documentano la natura e il valore dei beni o servizi acquistati o venduti. Sono inoltre un importante strumento di monitoraggio dell’attività aziendale, poiché consentono di verificare il flusso dei ricavi e delle spese e di tenere traccia dei crediti e dei debiti, al fine di garantire la sostenibilità finanziaria dell’azienda.

A cosa serve la fattura veramente? Uno strumento di registrazione contabile

Uno dei principali scopi della fattura è quello di fornire una prova documentale dell’avvenuta transazione commerciale tra il venditore e l’acquirente. La fattura è quindi uno strumento fondamentale per la registrazione contabile. Consente di tenere traccia delle entrate e delle uscite di denaro dell’azienda, nonché dei movimenti di magazzino. La fattura è quindi un documento indispensabile per la gestione dei bilanci e delle finanze dell’azienda.

 

La fattura consente di garantire la corretta applicazione delle norme fiscali e di rilevare eventuali errori o incongruenze nelle registrazioni contabili. Deve contenere informazioni precise e complete sulle merci o servizi forniti, sul prezzo, sulle modalità di pagamento e sulla data della transazione. In questo modo, diventa uno strumento di controllo fondamentale per il corretto svolgimento delle attività commerciali dell’azienda.

 

A cosa serve la fattura

Fattura a cosa serve? Uno strumento di tutela legale

La fattura costituisce una prova legale dell’avvenuta transazione commerciale tra il venditore e l’acquirente. In caso di contestazioni o controversie, la fattura può essere utilizzata come prova in tribunale per dimostrare l’esistenza del contratto e la corretta esecuzione della transazione. Diventa quindi uno strumento di tutela legale per le parti coinvolte nella transazione commerciale.

Rappresenta un documento fondamentale per l’emissione di fatture differite, note di creditofatture proforma. La fattura è quindi uno strumento che consente di gestire in modo corretto e trasparente le operazioni commerciali, garantendo la conformità alle norme e alle regolamentazioni fiscali.

A cosa serve la fattura elettronica? Strumento di monitoraggio dell’attività aziendale

La fatturazione elettronica rappresenta una vera e propria rivoluzione nell’ambito della gestione amministrativa e contabile delle aziende. Consente di emettere, trasmettere, ricevere e conservare in modo digitale le fatture, eliminando la necessità di documenti cartacei e semplificando la gestione delle operazioni commerciali.

È uno strumento fondamentale per il monitoraggio dell’attività aziendale. Infatti, permette di tenere traccia delle transazioni commerciali in tempo reale, consentendo di monitorare i volumi di vendita, i flussi i di cassa, le scadenze dei pagamenti e molto altro ancora. Inoltre, consente di automatizzare i processi di fatturazione, riducendo i tempi e i costi di gestione delle operazioni commerciali.

È un valido e indispensabile strumento di trasparenza e di controllo in quanto riduce il rischio di errori, frodi ed evasioni fiscali, grazie alla tracciabilità e alla verifica automatica delle informazioni contenute nel documento.

In conclusione, la fattura rappresenta uno strumento fondamentale per le aziende, sia grandi che piccole, che operano in diversi settori. consenti di registrare le transazioni commerciali, di tutelare legalmente le parti coinvolte e di monitorare l’attività aziendale. È una vera e propria rivoluzione nell’ambito della gestione amministrativa e contabile delle aziende, perché automatizza i processi di fatturazione, riduce i tempi e i costi di gestione delle operazioni commerciali e di aumenta la trasparenza e il controllo. In sintesi, quindi, è uno strumento assolutamente indispensabile per la gestione e il controllo delle attività commerciali d’impresa, nonché per garantire la conformità alle norme e alle regolamentazioni fiscali.

Fattura di cortesia: cos’è, a cosa serve e quando è obbligatoria

Una fattura di cortesia è un documento che attesta l’avvenuta transazione commerciale tra fornitore e cliente. È emessa al momento della fornitura di beni o servizi ed è obbligatoria per tutti i fornitori che svolgono attività commerciali o professionali, che effettuano transazioni con clienti non esenti da IVA o che forniscono beni o servizi soggetti a IVA. La corretta emissione e la precisione delle informazioni presenti sulla fattura di cortesia sono d’importanza fondamentale per conferire validità giuridica alla transazione commerciale.

Fattura di cortesia: cos’è e come funziona

La fattura di cortesia è un documento fiscale emesso dal fornitore al cliente, che attesta il corretto adempimento dell’obbligo fiscale e delle disposizioni previste dalla legge. Il suo scopo principale è quello di confermare la transazione commerciale tra le parti, che può essere rilevante ai fini fiscali o per altri scopi.

La fattura di cortesia può essere sia cartacea oppure emessa come fattura elettronica. In ogni caso e deve contenere le informazioni obbligatorie previste dalla legge, come ad esempio:

  1. nome del fornitore
  2. codice fiscale del fornitore
  3. codice fiscale del cliente
  4. descrizione del prodotto o del servizio fornito
  5. prezzo
  6. data della transazione
  7. numero d’identificazione fiscale del fornitore
  8. numero d’identificazione fiscale del fornitore del cliente
  9. data di emissione della fattura
  10. aliquota IVA applicata
  11. importo totale della transazione, comprensivo dell’IVA.

Chiunque eserciti un’attività commerciale o professionale che preveda la fornitura di beni o servizi è obbligato a emettere la fattura di cortesia ai propri clienti. Esistono comunque delle eccezioni, ad esempio per i clienti esenti da IVA, non è necessario emetterla. La fattura di cortesia deve essere conservata dal fornitore per un periodo di tempo determinato dalla legge e può essere richiesta dall’Agenzia delle Entrate in qualsiasi momento.

La correttezza e la completezza della fattura sono elementi essenziali per la validità giuridica della transazione commerciale e per evitare sanzioni fiscali. È importante che la fattura di cortesia sia emessa tempestivamente e che rispetti tutte le norme previste dalla legge.

Fattura di cortesia

Fatture di cortesia: a cosa servono e quali sono i loro vantaggi

La fattura di cortesia è un documento importante anche per il fornitore. Questo infatti gli consente di dimostrare l’avvenuto pagamento da parte del cliente e di registrare l’operazione nel proprio conto corrente. Inoltre, la fattura aiuta il fornitore a tenere traccia delle vendite e delle transazioni commerciali, e a preparare la dichiarazione dei redditi.

Si tratta anche di un importante strumento per la prevenzione dell’evasione fiscale. Consente agli organi di controllo di verificare la corretta applicazione dell’IVA e di verificare che i fornitori siano in regola con i loro obblighi fiscali.

Fattura elettronica e fattura di cortesia: obblighi e disposizioni fiscali in merito

L’emissione di una fattura di cortesia è obbligatoria per tutti i fornitori che esercitano attività commerciali o professionali, e che effettuano transazioni con clienti che non siano soggetti esenti da IVA. È obbligatoria anche in caso di fornitura di beni o servizi che rientrano nella definizione di “operazioni imponibili”, ovvero quelle soggette a IVA.

Le disposizioni fiscali stabiliscono che la fattura di cortesia deve essere emessa entro il 15 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la transazione. È inoltre stabilito che deve contenere tutte le informazioni necessarie per la regolare registrazione della transazione ai fini fiscali.

Inoltre, è importante tenere presente che questo tipo di fattura può essere emessa sia in formato cartaceo che elettronico. La dicitura “copia di cortesia” può essere inserita solo per indicare che si tratta di una copia destinata al cliente e non al fisco.

In ogni caso, è sempre consigliabile verificare le disposizioni fiscali vigenti e consultare un professionista del settore. Solo in questo modo è possibile avere la sicurezza di ricevere tutte le corrette informazioni sulla giusta emissione di una fattura di cortesia e sui suoi eventuali vantaggi fiscali.

Come fatturare ad una onlus

In questo articolo spiegheremo in modo dettagliato come realizzare correttamente una fattura elettronica rivolta alle onlus e in generale alle organizzazioni no profit. Vedremo quindi come fatturare ad una onlus, come impostare una fattura per le associazioni, e vedremo in fatturazione elettronica come si registra una onlus.

Come Fatturare ad una Onlus

Le onlus sono organizzazioni no profit, sono enti che svolgono attività di interesse generale senza scopo di lucro. Nonostante ciò, le onlus possono emettere fatture per le prestazioni di servizi o la fornitura di beni che forniscono. In questo caso, le fatture devono essere emesse utilizzando lo stesso modello previsto per le imprese che operano a scopo di lucro.

Invece per emettere una fattura ad una onlus, è necessario seguire questi passaggi:

  • Verificare che l’onlus sia registrata nel Registro delle Onlus presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Solo le onlus iscritte a questo registro possono beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per le organizzazioni no profit.
  • Compilare il modello di fattura elettronica secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, è necessario inserire i seguenti dati:
  • Dati del venditore (nome, indirizzo, partita IVA)
  • Dati del compratore (nome, indirizzo, partita IVA)
  • Data di emissione
  • Numero di fattura
  • Descrizione della prestazione o del bene fornito
  • Prezzo
  • Aliquota IVA
  • Importo IVA
  • Totale fattura

Fattura onlus: attenzione alla Partita IVA

È importante verificare che l’onlus abbia una partita IVA valida e attiva, in quanto questo numero identificativo è obbligatorio per emettere una fattura. Se l’onlus non ha ancora ottenuto la partita IVA, è possibile richiederla presso l’Agenzia delle Entrate o presso il competente Ufficio delle Imposte del luogo in cui ha sede l’onlus.

Come fatturare ad una onlus

Come Impostare una Fattura per le Onlus

Una volta che si è verificata la presenza della partita IVA e si è compilata la fattura elettronica, è necessario inviarla all’onlus tramite il Sistema di Interscambio (SdI) delle fatture elettroniche.

Il Sistema di Interscambio (SDI) è una piattaforma online gestita dall’Agenzia delle Entrate che permette di trasmettere, ricevere e conservare le fatture elettroniche in modo sicuro e tempestivo. Per inviare la fattura elettronica all’onlus tramite il SdI, è sufficiente avere a disposizione una piattaforma completa come quella di FatturaPRO.click che permette di creare, registrare ed inviare le fatture elettroniche a imprese, liberi professionisti e onlus.

Come Si Registra una Onlus in Fatturazione Elettronica

Per poter ricevere le fatture elettroniche, le onlus devono registrarsi al sistema di interscambio (SDI) dell’Agenzia delle Entrate. La registrazione è gratuita e permette di ottenere un codice destinatario, ovvero il numero identificativo assegnato dal SDI all’ente.

Come Fare una Fattura ad una Onlus

Una volta ottenuto il codice destinatario, le onlus possono iniziare a ricevere le fatture elettroniche dai propri fornitori. Per verificare la ricezione delle fatture, è sufficiente accedere all’area riservata del servizio di Fatturazione Elettronica dell’Agenzia delle Entrate e selezionare la voce “Fatture Ricevute”.

Le onlus possono inoltre emettere fatture elettroniche ai propri clienti seguendo le stesse procedure previste per le imprese che operano a scopo di lucro. È sufficiente compilare il modello di fattura elettronica secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate e inviarla tramite il sistema di interscambio (SdI).

Cosa Fare in Caso di Errore nella Fattura

Nel caso in cui si riscontrino errori o inesattezze nella fattura emessa ad una onlus, è possibile procedere con la rettifica della fattura stessa. Per fare ciò, è necessario emettere una nuova fattura elettronica con gli stessi dati della fattura originaria, ma indicando la dicitura “Fattura rettificata” e specificando gli errori o le inesattezze corretti. La nuova fattura dovrà essere inviata all’onlus tramite il sistema di interscambio (SdI).

Fatture Google Ads: attività e metodo di fatturazione

Le fatture Google Ads sono un elemento fondamentale per la gestione delle campagne pubblicitarie sulla piattaforma di Google. In questo articolo, vedremo in dettaglio cos’è una fattura Google Ads, come funziona il sistema di fatturazione e come utilizzarlo al meglio per ottimizzare le nostre campagne pubblicitarie.

Come funziona Google ads

Google Ads è una piattaforma pubblicitaria online gestita da Google che permette alle aziende di pubblicare annunci sulla rete di ricerca Google e sui siti della Rete Display di Google. Gli annunci di Google Ads appaiono in cima e a lato dei risultati di ricerca di Google e possono essere targettizzati in base a parole chiave, luogo geografico, lingua e altri fattori. Le aziende pagano solo quando gli utenti fanno clic sugli annunci, il che significa che possono raggiungere un pubblico specifico senza dover pagare per visualizzazioni o impressioni non rilevanti. Google Ads offre anche strumenti di ottimizzazione e analisi per aiutare le aziende a monitorare e migliorare le prestazioni dei loro annunci.

Fatture Google Ads: cosa sono, a cosa servono e come sono utilizzate

Le fatture Google Ads sono documenti che riepilogano il costo delle campagne pubblicitarie condotte tramite la piattaforma Google Ads. Le fatture Google Ads sono generate ogni mese e contengono informazioni dettagliate sui costi delle campagne, come il costo per clic (CPC), il costo per impressione (CPM) e il tasso di conversione. Possono anche includere informazioni sulla data di inizio e fine della campagna, il numero di clic e impressioni ottenuti, il tasso di clic e altri dati.

Fatture Google Ads

Le fatture Google Ads possono essere utilizzate dalle aziende per monitorare le prestazioni delle loro campagne pubblicitarie e ottimizzare le loro strategie in base ai risultati ottenuti. Ad esempio, le aziende possono utilizzare le fatture elettroniche per identificare le parole chiave che hanno generato il maggior numero di clic e quindi aumentare il budget per quelle key per ottenere più traffico qualificato. Inoltre,  possono anche utilizzare le fatture per vedere quali annunci hanno avuto il tasso di conversione più alto e quindi concentrarsi sulla creazione di annunci simili per ottenere risultati migliori.

Le fatture Google Ads possono anche essere utilizzate per gestire il budget delle campagne pubblicitarie. Ad esempio, le aziende possono impostare un budget mensile per le loro campagne e utilizzare le fatture per monitorare quanto stanno spendendo e per fare modifiche al budget in base ai risultati ottenuti. In questo modo, possono assicurarsi di ottenere il massimo valore per il loro budget pubblicitario.

Google Ads fatture e struttura

Come abbiamo visto, una fattura di Google Ads è quindi un documento che riepiloga il costo delle campagne pubblicitarie condotte tramite la piattaforma Google Ads. Solitamente, una fattura di Google Ads è strutturata in modo da includere le seguenti voci:

  1. Dati di fatturazione: questa sezione include informazioni sulla data di emissione della fattura, il periodo di fatturazione, il numero della fattura e altri dettagli importanti.
  2. Campagne pubblicitarie: questa sezione include informazioni dettagliate su ogni campagna pubblicitaria condotta durante il periodo di fatturazione, come il nome della campagna, il budget, il numero di clic e impressioni ottenuti e il costo per clic (CPC) e il costo per impressione (CPM).
  3. Resoconto di spesa: qui troviamo il riepilogo del totale delle spese per ogni campagna pubblicitaria e per l’intero periodo di fatturazione.
  4. Metodi di pagamento: questa parte comprende informazioni sui metodi di pagamento accettati dalla piattaforma Google Ads, come ad esempio carta di credito, addebito diretto o bonifico bancario.
  5. Termini e condizioni: questa sezione include i termini e le condizioni di utilizzo della piattaforma Google Ads, come ad esempio le politiche sulla cancellazione o sulla sospensione delle campagne pubblicitarie.

Le fatture di Google Ads possono variare leggermente a seconda del paese in cui sono emesse, ma in generale seguono questa struttura di base. È importante leggere attentamente la fattura per comprendere appieno i costi delle campagne pubblicitarie e per assicurarsi di avere una chiara comprensione delle condizioni di utilizzo della piattaforma Google Ads.

Come fare un preventivo perfetto

Un preventivo è un documento molto importante per qualunque professionista. È indispensabile a far conoscere ai propri clienti la stima dei costi per servizi e prodotti offerti. Per questo motivo è fondamentale sapere come fare un preventivo perfetto mostrando nel dettaglio tutte le attività svolte per definire il progetto, i termini e le condizioni dell’accordo.

Cosa sono i preventivi e a cosa servono

Un preventivo è un documento redatto da un professionista per far conoscere ai propri clienti tutti gli elementi che regolano un accordo. Nel preventivo sono infatti riassunte le seguenti voci:

  • metodi di pagamento
  • descrizione di tutte le attività svolte per offrire quel determinato prodotto/servizio
  • durata rapporto contrattuale
  • condizioni particolari come, ad esempio, la possibilità d’interrompere preventivamente il rapporto lavorativo
  • dati del professionista (eventuali iscrizioni all’albo, elenchi professionali, dati aziendali, ecc…)

è importante sapere come fare un preventivo perché, con l’accettazione di questo documento da parte del cliente, ha inizio la prestazione lavorativa concordata. È sempre consigliato redigerlo in forma scritta, per tutelare entrambe le parti.

Oggi esiste una disciplina scritta che prevede l’obbligo di preventivo scritto per i professionisti iscritti ad albi professionali. In altre parole, i lavoratori autonomi o qualunque altro soggetto che decide di diventare imprenditore ed è iscritto a un qualunque albo, deve per forza presentare ai propri clienti un preventivo scritto per l’accettazione delle prestazioni offerte. Non esiste però una specifica disciplina sanzionatoria. Attraverso il preventivo, il libero professionista, deve presentare il conferimento dell’incarico.

Come fare un preventivo

Come fare un preventivo perfetto

Un preventivo è formato da diverse parti:

  1. Intestazione – in questa parte il professionista deve riportare tutti i dati personali: partita IVA, iscrizione alla Camera di Commercio, PEC, ecc…
  2. Data – si tratta della data di presentazione della proposta d’accordo. Serve a far capire la celerità nella risposta al cliente. Di solito i preventivi hanno scadenza, una data sempre scelta da chi li emette. La scadenza è utile per mettere anche una sorta di “pressione” psicologica al cliente (prendere o lasciare)
  3. Durata – la durata indica la tempistica per l’esecuzione della prestazione venduta, quindi indica la quantità di tempo necessario a realizzare un dato progetto.
  4. Organizzazione dell’incarico – una parte essenziale utile a far comprendere al cliente qual è il risultato ottenibile attraverso i servizi offerti. È importante indicare tutte le attività da svolgere per compiere un progetto, ma anche tutte quelle estranee allo stesso. Vale a dire che non basta far sapere al cliente cosa è POSSIBILE FARE, è importante anche specificare COSA NON è COMPRESO NEL PROGETTO.
  5. Condizioni economiche – è qui che è presentato al cliente il preventivo lordo della prestazione offerta. Sono quindi da dettagliare tutti i costi vivi sostenuti per eseguire quanto promesso.
  6. Modalità di fatturazione – specificare le modalità di pagamento serve a evitare futuri problemi nella fatturazione. Devono quindi essere inseriti tutti i dati necessari per fatturare correttamente e per poter ricevere il pagamento stabilito.
  7. Eventuale recupero del credito – questa sezione serve a tutelare il professionista da un eventuale mancato pagamento e/o saldo da parte del committente. Utile in caso di avvio pratiche per il recupero del credito.
  8. Risoluzione anticipata dell’accordo – devono essere inoltre presenti le eventuali ipotesi di risoluzione anticipata dell’accordo.
  9. Firma – il preventivo deve sempre essere firmato da parte del cliente. Senza la firma il preventivo è considerato non accettato. Al cliente va lasciata una regolare copia del documento. Un preventivo non è un contratto ed è sempre modificabile fino a quando la controparte non lo accetta. Una volta formato è irrevocabile.

Come scrivere un preventivo

La forma conta tanto quanto il contenuto. Molti professionisti utilizzano una bozza di fattura come un preventivo. È un’abitudine che è meglio non avere, o perdere. Risulta molto più professionale e convincente redigere un preventivo scritto a se stante. Per avere successo e sapere come fare un preventivo perfetto basta ricordare di essere sempre tempestivi, precisi e dettagliati e scriverlo in maniera semplice e comprensibile a tutti.

Autofattura agricola: cos’è e chi deve emetterla

Gli imprenditori agricoli di piccole dimensioni operano all’interno del regime di esonero agricoltura. Il regime di esonero IVA consente di avere molte agevolazioni e richiede l’emissione dell’autofattura agricola. In alcuni casi è obbligatorio emetterla e dal 1° gennaio 2019 è diventato obbligatorio l’invio della fattura elettronica.

Regime esonero agricoltura: in cosa consiste

Gli imprenditori agricoli, o coltivatori diretti, sono coloro che producono e vendono prodotti agricoli e ittici. Necessitano di una partita IVA ad hoc e svolgono un’attività lavorativa continuativa superando i 5000 € annui.

Per diventare tali devono aprire una partita IVA denominata agricola e legata a regime di esonero agricoltura. L’imprenditore agricolo non può avvalersi del regime speciale o di quello ordinario. Diventare imprenditore agricolo significa aver realizzato nell’anno solare precedente un volume di affari minore a 7000€ annui. L’attività svolta deve essere costituita per almeno due terzi dalla cessione di prodotti agricoli o ittici.

Autofattura agricola

Gli imprenditori agricoli non sono inoltre tenuti a versare IVA e IRAP, né a tenere la contabilità e altra tipo di documentazione (come ad esempio la liquidazione periodica o la fatturazione elettronica). Tra i pochi obblighi che hanno c’è quello di conservare le fatture di acquisto, così come accade nel regime forfettario, di mantenere in ordine le bollette doganali e di emettere autofattura agricola.

Autofattura agricola: cos’è

Ogni volta che avviene un acquisto di prodotti agricoli o ittici presso un imprenditore agricolo che si trova a operare in regime di esonero agricoltura, è obbligatorio emettere un’autofattura agricola. L’autofattura è prodotta, solitamente, in due copie. La prima è detenuta dall’acquirente, la seconda dal venditore che deve obbligatoriamente conservarla in caso di futuri accertamenti da parte dell’autorità competente.

Autofattura agricola senza partita IVA o autofattura a titolare di partita IVA

Esistono due casi. Il primo prevede l’acquisto da parte di un privato, il secondo da parte di titolare di partita IVA. Quando la vendita è fatta nei confronti di un privato, l’imprenditore agricolo non è tenuto a emettere scontrino o ricevuta fiscale. La mancanza dell’obbligo è dovuta al fatto che questa tipologia di transazione è esonerata dall’applicazione dell’IVA.

Quando invece la vendita è fatta nei confronti di un soggetto titolare di partita IVA, l’imprenditore agricolo non è comunque obbligato a emettere fattura elettronica. Chi possiede una partita IVA, però, deve ottenere in cambio di un acquisto una fattura. Per questo motivo il coltivatore diretto deve emettere un’autofattura agricola.

Autofattura imprenditore agricolo: modello e compilazione

L’autofattura agricola deve contenere una serie di dati obbligatori. Esistono dei modelli e dei facsimili che possono anche essere presi come riferimento. Riportiamo comunque un elenco esaustivo di tutti i dati necessari a compilare correttamente un’autofattura:

  1. dati anagrafici del soggetto che acquista
  2. denominazione sociale dell’acquirente
  3. codice fiscale
  4. Partita IVA
  5. sede legale
  6. numero autofattura
  7. data di emissione di autofattura
  8. oggetto dell’acquisto suddiviso in base alla tipologia di merce e alla quantità venduta
  9. dati anagrafici del produttore agricolo esonerato
  10. denominazione sociale del produttore
  11. codice fiscale del produttore
  12. Partita IVA del produttore
  13. sede legale del produttore
  14. tipologia e quantità prodotti, per l prezzo al Kg o al pz
  15. totale imponibile
  16. aliquota IVA di compensazione
  17. totale fattura
  18. autofattura emessa per acquisti da soggetto esonerato a norma dell’art. 34, 6° c. DPR 633/72

Autofattura agricola elettronica agenzia entrate

Dal 1° gennaio 2019 l’autofattura agricola deve essere emessa in formato elettronico. Una volta emessa il venditore deve numerarla e conservarla per gli eventuali futuri controlli. L’acquirente deve a sua volta conservarla registrandola nel registro degli acquisti del cessionario.

Le agevolazioni previste dal regime esonero agricoltura cessano automaticamente a partire dal regime di imposta successivo, quando e se sono superati i 7000 € annui. Nel caso in cui un imprenditore agricolo uscisse dal regime agevolato, le autofatture non devono più essere emesse e, di conseguenza, le autofatture elettroniche non verrebbero più ricevute automaticamente dal Sistema di Interscambio.

 

DIVENTA UN ESPERTO DELL’AUTOFATTURA

Scopri il nostro approfondimento: Autofatture

Parcella commercialista: quanto costa un professionista e come calcolarne l’onorario

Il commercialista è una figura molto importante nell’ambito della gestione di un’impresa, ma anche per un privato cittadino. I suoi servigi sono indispensabili a tenere in ordine la contabilità per effettuare i pagamenti dovuti entro i termini previsti e avere sempre tutto sotto controllo. La parcella commercialista è una voce che ogni imprenditore deve tenere ben presente nell’amministrazione della propria attività, perché è sempre presente, ogni anno, in ogni dichiarazione dei redditi.

Quanto costa un commercialista?

Il commercialista è un professionista indispensabili a chiunque abbia un’attività propria, ma non solo. Calcolare tasse e costi da detrarre non è semplice e non tutti ne sono in grado. Difronte a una dichiarazione dei redditi i dubbi possono essere davvero tanti e la paura di omettere o sbagliare qualcosa, paralizzante. Quindi, prima d’incorrere in sanzioni e ammende, è sempre meglio rivolgersi a un esperto professionista del settore.

Un professionista che richiede il pagamento di un preciso compenso per le proprie prestazioni offerte. La parcella commercialista però, varia in base ai servizi offerti e da soggetto a soggetto. È una buona idea chiedere prima un preventivo per capire bene i costi derivanti dall’attività svolta dal contabile.

Risulta quindi molto difficile riuscire a dare una risposta univoca alla domanda: “Quanto costa un commercialista?”. Un professionista della contabilità per calcolare la propria parcella tiene conto di una serie di variabili:

  • servizi offerti
  • frequenza d’interventi richiesti
  • tipologia di assistenza (in presenza, telefonica, per email, ecc…)
  • regime contabile dell’assistito

Parcella commercialista

Parcella commercialista secondo la legge

Esiste un orientamento di massima che i professionisti possono seguire per il calcolo parcella commercialista. Il DM 140/2012 stabilisce delle direttive di massima per dottori commercialisti ed esperti contabili, avvocati, notai, assistenti sociali, ecc… Anche le consulenze prevedono un onorario.

La scelta di affidarsi o meno a un commercialista è molto soggettiva. Ai titolari di aziende  e società è consigliato comunque rivolgersi a un professionista per essere seguiti attentamente nel difficile mondo della contabilità. I liberi professionisti potrebbero optare per compilare le dichiarazioni 730 autonomamente e poi chiederne la revisiona a un contabile, oppure al CAF.

Calcolo parcella commercialista: le prestazioni offerte

Le prestazioni offerte da un commercialista sono moltissime, tra queste ricordiamo, ad esempio:

  1. Consulenza
  2. Bilancio d’esercizio
  3. Bilancio infrannuale
  4. Dichiarazione IRAP
  5. Dichiarazione IVA
  6. Pratiche fiscali quali:
    1. operazioni d’inizio attività di una ditta (Registro Imprese, A.E., INPS ed eventualmente SUAP)
    2. pratiche di chiusura attività (Comunica, CCIAA, INAIL, INPS, AE, ecc.)
    3. operazioni di variazione ditta, predisposizione e invio comunicazione VIES, richiesta visura camerale
  7. Tenuta dei registri ammortizzabili
  8. Aggiornamento libri inventari

Il commercialista può decidere di farsi pagare annualmente, oppure mensilmente. A far variare l’ammontare della parcella commercialista è anche il numero delle fatture elettroniche emesse e il fatturato del proprio cliente.

Parcella commercialista esempio

Come detto, la parcella di un professionista contabile varia molto e in base a molti fattori differenti. Ad esempio, una dichiarazione IVA può avere un costo da 152 euro a 297 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 190 a 369 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro.

La dichiarazione dei redditi invece può venire a costare da 236 euro a 475 euro per un fatturato annuo fino a 75.000 euro; da 426 a 640 euro per un fatturato annuo compreso tra 75.001 e 150.000 euro. Si tratta di costi applicati, in genere, alle persone fisiche titolari di partita IVA. Per le società di capitali si applicano altri prezzi, solitamente più alti.

I bilanci possono arrivare a costare da 284 euro a un massimo di 449 – 563 euro. Il prezzo calcolato tiene conto delle perdite e dei componenti positivi di reddito. Per la compilazione e l’invio del modello Intrastat il costo parte a oggi da circa 80€ ed è calcolato a ore.

La convenienza nel potersi rivolgere o meno a un commercialista, è molto soggettiva. Ogni soggetto deve valutare attentamente la propria posizione e se la situazione finanziaria dovesse risultare particolarmente complessa, è consigliato avvalersi di un professionista per evitare, nel futuro, di avere brutte sorprese con il Fisco.

Come richiedere la NASPI

La NASPI è il sussidio di disoccupazione. La Legge di Bilancio 2022 ha modificato alcune regole molto importanti su come richiedere la NASPI, anche se le regole generali sono rimaste sempre le stesse. Oggi, infatti, i soggetti che possono farne richiesto sono molti di più (come, ad esempio, gli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti dalle cooperative agricole e loro consorzi, precedentemente esclusi). Inoltre, i vincoli relativi ai 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti e, in parallelo, sul calcolo dell’importo cambia il décalage del 3 per cento mensile, che si applicherà dal sesto o dall’ottavo mese di fruizione, in base all’età del beneficiario, sono decaduti. Cerchiamo, quindi, di capire meglio come richiedere la NASPI, quali documenti occorrono e dove e quando devono essere consegnati.

Come richiedere la NASPI: il modulo INPS

INPS ha predisposto uno specifico modulo NASPI da scaricare, stampare, compilare e rispedire. Il documento può essere inviato.

  • Tramite sito inps.it (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Utilizzando l’app d’INPS (è necessario possedere SPID, CIE O CNS)
  • Attraverso il patronato
  • Grazie al supporto del call center Multicanale INPS INAIL

L’Istituto Nazionale Previdenza Sociale ha messo a disposizione sul proprio sito, una guida completa e dettagliata per compilare correttamente il pdf scaricabile.

NASPI: a chi spetta

Su questo punto la Legge di Bilancio 2022 ha introdotto delle novità. Oltre a tutti i soggetti precedentemente autorizzati a fare domanda NASPI, oggi possono inoltrare richiesta anche:

  1. apprendisti
  2. soci lavoratori di cooperative con rapporto di lavoro subordinato con le medesime cooperative
  3. personale artistico con rapporto di lavoro subordinato
  4. dipendenti a tempo determinato delle pubbliche amministrazioni

Requisiti NASPI

Anche i requisiti per l’inoltro della domanda NASPI sono cambiati grazie alla Legge di Bilancio 2022. I nuovi requisiti introdotti quest’anno sono:

  • stato di disoccupazione involontario
  • il requisito contributivo ovvero il lavoratore deve poter far valere, nei quattro anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione.

Inoltre, i lavoratori disoccupati dal 1° gennaio 2022 non devono più rispettare il requisito che prevedeva 30 giornate di lavoro effettivo, effettuate meglio ultimi 12 mesi, per poter inoltrare domanda di sussidio.

Come richiedere la NASPI

Nuova NASPI: i soggetti esclusi

Tra le novità su come richiedere la NASPI troviamo anche l’elenco dei soggetti esclusi. Non ne possono beneficiare:

  • dipendenti a tempo indeterminato delle PA
  • operai agricoli a tempo determinato
  • operai agricoli a tempo indeterminato che non siano dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici
  • lavoratori extracomunitari con permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per i quali resta confermata la specifica normativa

Come richiedere la NASPI: lo stato di disoccupazione

I soggetti che desiderano sapere come richiedere la NASPI deve, prima di tutto, conoscere il modo in cui inoltrare domanda di disoccupazione. Per chiedere lo stato di disoccupazione è necessario rilasciare la DD, Dichiarazione d’Immediata Disponibilità e soddisfare i seguenti requisiti:

Lavorare, quindi, non significa dover per forza rinunciare allo stato di disoccupazione e, di conseguenza, non aver diritto alla NASPI. A fare la differenza è il reddito percepito. Il reddito varia in base alla soglia ed è previsto:

  • lavoro dipendente – soglia imposta a 8145 euro all’anno
  • lavoro autonomo – soglia imposta a 4800 euro annui

Lo stato di disoccupazione può essere richiesto direttamente presso i Centri per l’impiego presentando:

  • carta d’identità (o altro documento di riconoscimento valido)
  • copia contratto di lavoro
  • Permesso di soggiorno e indirizzo di residenza (per i disoccupati stranieri)

Lo stato di disoccupazione si mantiene presentandosi ogni anno per i Centri per l’impiego e aggiornare lo status attualmente in vigore.

Calcolo NASPI

La NASPI si calcola dividendo il totale delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni, per il numero di settimane contributive. Il risultato deve poi essere moltiplicato per il valore 4,33. Quando e se la retribuzione mensile fosse pari o inferiore a 1250,87 euro, la NASPI è calcolata nella percentuale del 75% della retribuzione stessa.

Quando e se superiore a tale soglia, invece, al 75% è aggiunto un importo pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il precedente importo. INPS aiuta i disoccupati a calcolare correttamente l’importo spettante, grazie a un nuovo sistema di calcolo avanzato messo a disposizione sul proprio sito.

Cash flow: cos’è, come si calcola e come gestire i flussi di cassa

Il cash flow è un aspetto finanziario molto importante e utile alle aziende per controllare correttamente la liquidità d’impresa. Si tratta di una voce che sintetizza la liquidità accumulata nel corso di un preciso lasso di tempo. L’intervallo temporale può essere mensile, trimestrale e annuale. In pratica serve a definire l’aumento o la diminuzione della liquidità aziendale in un determinato periodo di tempo. Il suo calcolo è dato dalla differenza tra entrate e uscite monetarie e corrisponde alla disponibilità monetaria delle aziende.

Cash flow definizione

Il cash flow è una risorsa molta importante per tutte le aziende. Aiuta le imprese a conoscere sempre la propria disponibilità di liquidità. È conosciuto anche come flusso primario dopo le imposte. Il valore di questo parametro è dato dalla differenza tra il totale delle entrate (cash inflow) e delle uscite (cash outflow). Il valore risultante è inserito anche nella contabilità generale e serve a determinare, all’interno del bilancio aziendale, gli scambi economici avvenuti con l’esterno (costi-ricavi).

Stabilito cos’è il cash flow, è necessario chiarire cosa non è. Non deve, infatti, essere confuso con il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento che sintetizza tutti i dati quotidiani relativi a un’azienda a seguito della propria attività. Con il bilancio, però, non è possibile verificare l’andamento di un singolo prodotto, la sua redditività, oppure il costo delle materie prime e della distribuzione in generale. Il dettaglio dei singoli dati è tenuto sotto controllo solo grazie alla contabilità analitica, che parte proprio dal cash flow e si addentra nelle specifiche performance, linee produttive o singoli prodotti.

Cash flow

Calcolo cash flow

Il calcolo del cash flow parte dal rendiconto finanziario. Un documento aziendale di fondamentale importanza perché sintetizza i fattori d’incremento e diminuzione delle liquidità disponibili all’interno di un’impresa. In altre parole è un bilancio tra pagamenti effettuati e pagamenti ricevuti un determinato periodo di tempo. Non tiene conto delle spese da pagare e degli importi non ancora effettivi. È necessario, quindi, procedere con il calcolo del flusso di cassa.

Il documento tiene in considerazione anche:

  • proventi degli investimenti
  • passività da sostenere
  • interessi
  • dividendi
  • stipendi
  • tasse

Il cash flow è positivo quando la liquidità acquisita è maggiore di quella persa. Al contrario, è negativo quando la liquidità acquisita è inferiore a quella persa.

Cash flow: le varie tipologie

Esistono diverse tipologie di cash flow. Ciascuna è importante per controllare lo stato di liquidità a disposizione della propria azienda:

  • Flusso di cassa operativo – permette di calcolare la liquidità dovuto a seguito della gestione aziendale. Per calcolarlo occorre conoscere il reddito operativo che, a sua volta, deriva dall’utile aziendale al netto d’imposte e oneri finanziari.
  • Flusso di cassa per l’impresa – rappresenta la liquidità che gli investitori hanno a disposizione. È un parametro molto importante perché aiuta a stabilire la redditività precisa dell’azienda. Il risultato è dato dalla sottrazione delle spese sostenute in un determinato lasso di tempo che parte dal saldo tra attività e passività operative.
  • Flusso di cassa per gli azionisti – il parametro indica la somma da corrispondere agli azionisti che possiedono quote del capitale sociale.

Flussi di cassa: gestirli al meglio

Il cash flow è molto importante per una corretta gestione della propria attività. Serve a raggiungere una stabile e solida economia aziendale e a rispettare tutti gli impegni e gli obblighi prefissati. In combinazione a una corretta gestione dei rischi d’impresa, data dall’analisi della natura di vendite e investimenti, possono essere raggiunti dei risultati notevoli. È sempre molto importante monitorare le dilazioni di pagamento ed evitare che i flussi d’incasso vadano oltre una certa soglia.

Oggi esistono diversi software che permettono una gestione automatizzata e facilitata del proprio cash flow. Programmi che riescono a ridurre al minimo i rischi di cash outflow. Una sana gestione aziendale è composta da tante piccole accortezze che vanno dal corretto calcolo del cash flow a una corretta pianificazione del magazzino, dell’ammortamento e delle attrezzature, passando per previsioni di budget e analisi di ogni dato consuntivo.

Piano aziendale: crearne uno efficace e chiaro

Un piano aziendale è necessario per fissare gli obiettivi di un’impresa e per avere chiaro le tappe per lo sviluppo dell’attività. Studiare una strategia aziendale consente alle imprese di raggiungere e superare la concorrenza, tenendo sempre ben presenti i risultati, a medio e lungo termine, da conseguire. Per essere efficace deve rispettare alcune regole fondamentali e deve tenere conto di molteplici valori e riferimenti.

Piano aziendale: la visione d’insieme del business

Affinché un piano aziendale risulti chiaro e sia efficace occorre, prima di tutto, avere una visione chiara e complessiva del business d’impresa. La cosa migliore in tal senso è quella di suddividere il business in specifiche aree di lavoro e, in ciascuna di esse, fissare degli obiettivi da perseguire.

Alle aree di lavoro devono essere associati progetti in essere o in fase di realizzazione, necessari al raggiungimento dei target aziendali. Target specifici per ogni obiettivo definito. Inoltre, è necessario stabilire indicatori economici e finanziari, solitamente di durata pluriannuale, che servono a calibrare e implementare il piano aziendale.

Piani strategici aziendali: la suddivisione in aree

Non esistono delle regole o degli schemi standard per redigere un efficiente piano strategico aziendale. Ci sono, però, delle indicazioni che è sempre bene seguire per riuscire al meglio nell’intento. Prima fra tutte quella relativa alla suddivisione in specifiche aree di lavoro a ciascuna delle quali devono essere associati degli obiettivi determinati.

Le aree di lavoro differiscono da azienda ad azienda: area produttiva, di comunicazione d’impresa e brand, amministrativa, gestionale, innovativa, ecc… Alcune aree si rivelano essere fondamentali per il perseguimento dei fini aziendali. Di norma, tutte quelle legate al rapporto con i clienti e/o con i fornitori, all’innovazione dei prodotti, alla stabilità a livello economico e finanziario dell’impresa e alla prospettiva di sviluppo sul mercato nel medio e lungo periodo, sono assolutamente basilari.

Piano aziendale

Sviluppo aziendale: come fissare gli obiettivi

A ogni area di lavoro definita all’interno di un piano aziendale, devono corrispondere specifici obiettivi. Risultati da raggiungere correlati da relative spiegazioni su programmi, tecniche, attività e metodologie da applicare per perseguirle. Inoltre devono essere previste delle strategie di miglioramento con tanto di deadline. La “linea della morte”, di solito, ha durata di un anno e coincide con la durata del bilancio di esercizio.

Analisi KPI: cosa sono e come fissarli in una strategia d’azienda

KPI è acronimo di Key Performance Indicator, vale a dire le chiavi di riferimento che indicano le performance per un determinato obiettivo. Le KPI devono sempre essere contemplate in un piano aziendale efficace. Si tratta di parametri con precisi valori tangibili, misurabili e, nella maggioranza dei casi, di tipo numerico. Sono indicatori che servono a capire quali e quanti sono i target da raggiungere.

Quando si parla di target non si fa riferimento esclusivamente alle vendite di beni e servizi e di conseguenza al relativo fatturato. I target riguardano anche altri indicatori chiave per la crescita di un’impresa:

  1. tasso di automazione
  2. automatizzazione aziendale
  3. gradi di soddisfazione dei clienti
  4. grado di soddisfazione dei fornitori
  5. livello di qualità di beni e servizi offerti
  6. ecc…

In altre parole un Key Performance Indicator può essere una qualsiasi metrica che possa misurare il successo di un progetto. Per questo motivo è necessario che siano “misurabili”, vale a dire quantificabili con numeri e dati reali e tangibili.

Pianificazione aziendale

La pianificazione aziendale definisce anche le strategie da adottare per raggiungere gli obiettivi prefissi seguendo la mission dell’attività. Si tratta di un genere di pianificazione che si basa sulla responsabilità e sulle procedure di tutto il personale aziendale. Alla luce di quanto detto finora, quindi, il processo di pianificazione aziendale si basa su attività ben strutturate che, di norma, si possono riassumere come segue:

  • Dichiarazione di visione – definizione degli obiettivi che guidano il processo decisionale interno (analisi di mercato, dei competitors, sviluppi futuri, individuazione e analisi dei punti di forza e di criticità dell’azienda ecc…)
  • dichiarazione di missione – scopo ed essenza dell’azienda
  • Risorse e portata aziendale
  • Elenco degli obiettivi da perseguire – e relativo sviluppo di programmi e strategie per raggiungere gli obiettivi
  • Suddivisione in aree di lavoro a cui fa corrispondere degli obiettivi specifici
  • Individuazione dei KPI per monitorare lo stato di sviluppo aziendale attraverso parametri misurabili.