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Obbligo pos: come funziona dal 30 giugno

Dal 30 giugno 2022 è scattato l’obbligo POS per negozianti e studi professionali. Gli esercenti sono tenuti ad accettare i pagamenti con bancomat e carte di credito. Non è più possibile rifiutare i pagamenti elettronici anche se le somme sono molto basse. Sono previste e pronte a scattare sanzioni amministrative a seguito di possibili segnalazioni da parte dei clienti.

Obbligo POS: i soggetti a cui sono applicate le nuove regole

Dal 30 giugno, negozianti e studi professionali devono essere muniti di POS e accettare sempre i pagamenti con bancomat (carta di credito o carta di debito), indipendentemente dall’importo. A imporre il nuovo obbligo POS è decreto legge 36/2022 (cosiddetto “decreto Pnrr 2”, articolo 18, commi 1, 2 e 3) che attua gli obiettivi fissati nel PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza).

L’obbligo doveva partire dal 1° gennaio del 2023, ma il decreto legge lo ha anticipato all’inizio della seconda metà del 2022. Sono quindi applicabili le sanzioni a tutti gli esercenti che rifiutano il pagamento con carta di credito e bancomat. L’obbligo POS deve essere rispettato da tutti coloro che vendono prodotti e/o prestazioni di servizio, anche professionali. È comunque possibile evitare di far pagare tramite POS, senza far scattare le eventuali sanzioni, quando i professionisti possano materialmente dimostrare “l’oggettiva impossibilità tecnica” relativa al suddetto pagamento.

Obbligo POS 2022: le conseguenza per chi non si adegua

I soggetti che dovessero negare la possibilità di pagare tramite POS (bancomat, carta di credito o debito) sono soggetti a sanzioni pecuniarie, un po’ come accade per le sanzioni scontrino elettronico. La sanzione amministrativa ammonta a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione stessa, per la quale è rifiutato il pagamento con carta.

Ad esempio, se il cliente deve pagare 100€ con il POS e l’esercente non ne fosse provvisto, la cifra che il negoziante deve pagare come sanzione ammonta a 34 euro. Il calcolo è dato dalla base di 30 euro previsti come sanzione pecuniaria , più il 4% di 100 euro, che corrisponde a 4 euro.

Obbligo pos

Obbligo pagamento POS: I casi di oggettiva impossibilità tecnica

Alla regola esiste un’eccezione, o meglio, è previsto una casistica particolare. Il decreto legge 179/2012 articolo 15, stabilisce che i negozianti possono non accettare il pagamento con POS solo nei casi di oggettiva impossibilità tecnica. Qualora si dovessero verificare tali circostanze, le sanzioni amministrative applicate, sono quelle previste dalla legge 689/81, con riferimento alle procedure e ai termini (a eccezione dell’articolo 16, che disciplina il pagamento in forma ridotta).

L’oblazione amministrativa, vale a dire l’alternativa alla contestazione della sanzione di effettuare il pagamento in forma ridotta, non è più valida. L’oblazione consente, infatti, al soggetto contravventore di pagare una somma pari a un terzo del massimo della sanzione. In alternativa, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento. Il pagamento è previsto entro 60 giorni dalla contestazione immediata, oppure se questa non dovesse sussistere, dalla notificazione degli estremi della contestazione.

I pagamenti con POS, essendo pagamenti elettronici, sono soggetti a eventuali errori e/o malfunzionamenti tecnici. Di conseguenza è possibile, per gli esercenti, evitare le sanzioni in caso di

  1. malfunzionamento del POS
  2. problemi a rilevare la carta
  3. problemi di connettività a internet che rendono impossibile la trasmissione del pagamento avvenuto
  4. guasti alla rete elettrica

Per evitare le sanzioni, però, è necessario che i negozianti comunichino i disservizi e siano in grado di dimostrarne l’effettività.

Obbligo POS professionisti

L’obbligo POS non vale solo per i commercianti, ma anche per tutti i professionisti che vendono beni e/o servizi. Come per gli esercenti, anche i professionisti potrebbero limitarsi ad accettare anche un unico circuito di pagamento e una sola tipologia di carta di debito e di credito, ma devono comunque accettare il pagamento elettronico.

Per andare incontro a tutti, il Governo ha comunque previsto anche un bonus POS che consiste in un aiuto per acquistare o noleggiare strumenti digitali dedicati alle transazioni B2C, legati a sistemi di pagamento elettronico. Nonostante il bonus, è importante sapere che, per accettare i pagamenti con POS e assolvere all’obbligo POS, basta installare un’app sul proprio smartphone.

Già in passato, i precedenti Governi (Conte e Monti) avevano provato a stabilire l’obbligo POS per i negozianti, ma senza successo. Il governo Conte II, con l’art. 23 del Decreto legge n.124, stabiliva dal 1° luglio 2020 una multa pecuniaria di 30 euro più il 4 % dell’importo rifiutato. Tuttavia, nel corso della conversione in Legge del DL n. 124/2019, l’art. 23 veniva abrogato. Il Governo Monti provò nel 2021 con il Decreto-legge 179/2012, articolo 15, comma 4, ma ugualmente senza risultati.

Cash flow: cos’è, come si calcola e come gestire i flussi di cassa

Il cash flow è un aspetto finanziario molto importante e utile alle aziende per controllare correttamente la liquidità d’impresa. Si tratta di una voce che sintetizza la liquidità accumulata nel corso di un preciso lasso di tempo. L’intervallo temporale può essere mensile, trimestrale e annuale. In pratica serve a definire l’aumento o la diminuzione della liquidità aziendale in un determinato periodo di tempo. Il suo calcolo è dato dalla differenza tra entrate e uscite monetarie e corrisponde alla disponibilità monetaria delle aziende.

Cash flow definizione

Il cash flow è una risorsa molta importante per tutte le aziende. Aiuta le imprese a conoscere sempre la propria disponibilità di liquidità. È conosciuto anche come flusso primario dopo le imposte. Il valore di questo parametro è dato dalla differenza tra il totale delle entrate (cash inflow) e delle uscite (cash outflow). Il valore risultante è inserito anche nella contabilità generale e serve a determinare, all’interno del bilancio aziendale, gli scambi economici avvenuti con l’esterno (costi-ricavi).

Stabilito cos’è il cash flow, è necessario chiarire cosa non è. Non deve, infatti, essere confuso con il bilancio d’esercizio. Il bilancio è un documento che sintetizza tutti i dati quotidiani relativi a un’azienda a seguito della propria attività. Con il bilancio, però, non è possibile verificare l’andamento di un singolo prodotto, la sua redditività, oppure il costo delle materie prime e della distribuzione in generale. Il dettaglio dei singoli dati è tenuto sotto controllo solo grazie alla contabilità analitica, che parte proprio dal cash flow e si addentra nelle specifiche performance, linee produttive o singoli prodotti.

Cash flow

Calcolo cash flow

Il calcolo del cash flow parte dal rendiconto finanziario. Un documento aziendale di fondamentale importanza perché sintetizza i fattori d’incremento e diminuzione delle liquidità disponibili all’interno di un’impresa. In altre parole è un bilancio tra pagamenti effettuati e pagamenti ricevuti un determinato periodo di tempo. Non tiene conto delle spese da pagare e degli importi non ancora effettivi. È necessario, quindi, procedere con il calcolo del flusso di cassa.

Il documento tiene in considerazione anche:

  • proventi degli investimenti
  • passività da sostenere
  • interessi
  • dividendi
  • stipendi
  • tasse

Il cash flow è positivo quando la liquidità acquisita è maggiore di quella persa. Al contrario, è negativo quando la liquidità acquisita è inferiore a quella persa.

Cash flow: le varie tipologie

Esistono diverse tipologie di cash flow. Ciascuna è importante per controllare lo stato di liquidità a disposizione della propria azienda:

  • Flusso di cassa operativo – permette di calcolare la liquidità dovuto a seguito della gestione aziendale. Per calcolarlo occorre conoscere il reddito operativo che, a sua volta, deriva dall’utile aziendale al netto d’imposte e oneri finanziari.
  • Flusso di cassa per l’impresa – rappresenta la liquidità che gli investitori hanno a disposizione. È un parametro molto importante perché aiuta a stabilire la redditività precisa dell’azienda. Il risultato è dato dalla sottrazione delle spese sostenute in un determinato lasso di tempo che parte dal saldo tra attività e passività operative.
  • Flusso di cassa per gli azionisti – il parametro indica la somma da corrispondere agli azionisti che possiedono quote del capitale sociale.

Flussi di cassa: gestirli al meglio

Il cash flow è molto importante per una corretta gestione della propria attività. Serve a raggiungere una stabile e solida economia aziendale e a rispettare tutti gli impegni e gli obblighi prefissati. In combinazione a una corretta gestione dei rischi d’impresa, data dall’analisi della natura di vendite e investimenti, possono essere raggiunti dei risultati notevoli. È sempre molto importante monitorare le dilazioni di pagamento ed evitare che i flussi d’incasso vadano oltre una certa soglia.

Oggi esistono diversi software che permettono una gestione automatizzata e facilitata del proprio cash flow. Programmi che riescono a ridurre al minimo i rischi di cash outflow. Una sana gestione aziendale è composta da tante piccole accortezze che vanno dal corretto calcolo del cash flow a una corretta pianificazione del magazzino, dell’ammortamento e delle attrezzature, passando per previsioni di budget e analisi di ogni dato consuntivo.

Superbonus 110 ultime notizie: quarta cessione del credito d’imposta

Se vi state chiedendo ancora una volta quali sono, in merito al Superbonus 110, ultime novità, iniziative, aggiornamenti e agevolazioni, sappiate che sono nuovamente cambiati i termini stabiliti per la cessione del credito. Di nuovo in discussione la legge del decreto n°17 del 1° marzo 2022, nella quale è inserita la possibilità di una quarta cessione del credito. Vediamo quindi come funziona, a oggi secondo le ultime novità, la cessione del credito, alla banca o alla posta, oppure lo sconto in fattura.

Superbonus 110 ultime notizie sulla cessione del credito

L’articolo 119 del Decreto Rilancio, ha stabilito che, per i bonus edili, come ad esempio il 100, è possibile richiedere la detrazione nella propria dichiarazione dei redditi, oppure lo sconto in fattura o la cessione del credito.

Lo sconto in fattura, così come spiega il termine stesso, permette di sfruttare uno sconto direttamente nella fattura del fornitore. La cessione del credito, invece, consiste nel cedere il proprio credito agli istituti bancari, istituti assicurativi, fornitori, o altri intermediari terzi. A questi è richiesto di anticipare gli importi per conto del committente.

Cessione del credito: l’onere della banca

Chi chiede di usufruire dell’agevolazione rappresentata dalla cessione del credito, deve essere consapevole che non si tratta di un’operazione a costo zero. Infatti, se da una parte gli istituti bancari concedono la liquidità necessaria al committente, dall’altra trattengono una parte del credito d’imposta. Quest’ultimo serve a coprire le spese sostenute dalle banche per la gestione delle pratiche  e l’erogazione dei soldi.

Il credito d’imposta è concesso se e solo se i pagamenti del finanziamento avvengono a SAL, vale a dire a stato avanzamento lavori, oppure alla fine delle opere, vale a dire a saldo. Il Decreto Sostegni ter ha introdotto la possibilità di cedere il credito d’imposta fino a un massimo di tre volte. La prima volta libera, le altre due subordinate a intermediari bancari e assicurativi autorizzati. Le cose cambiano invece con il Decreto Energia e la possibilità di accedere a una quarta cessione del credito, sulla quale è già stato detto che si tratta di:

“Un altro risultato è che è consentita nuovamente una cessione del credito ulteriore rispetto a oggi: questo è un fatto positivo, perché dà la possibilità a molte aziende di trovare più facilmente un compratore per il credito, e dunque di ricevere una boccata d’ossigeno”. 

Superbonus 110 ultime notizie

Superbonus 110 ultime notizie sulla quarta cessione del credito

Il Decreto Energia ha introdotto quindi la possibilità di optare per una quarta cessione del credito maturato. La legge stabilisce che banche e intermediari terzi, una volta soddisfatte le precedenti richieste, possano erogare una quarta cessione di credito. Inizialmente banche e istituti intermediari autorizzati erano considerati responsabili solidamente per il recupero dell’importo. Oggi, invece, qualcosa è cambiato e sembra che non debbano più essere considerate tali.

Antonio Federico, capogruppo del Movimento 5 stelle e relatore del Decreto Energia ha detto:

“L’emendamento al decreto Energia, a firma mia e del collega relatore Squeri, introduce la possibilità di una quarta cessione. Questo vale solo per i soltanto per i correntisti delle banche cessionarie. Un passo avanti significativo rispetto alla formulazione precedente del Governo che prevedeva la responsabilità solidale degli istituti di credito. L’interlocuzione con l’esecutivo ha prodotto una soluzione utile a sbloccare l’impasse in cui si trovano le imprese. Ora, infatti, potranno portare i crediti in compensazione alla quarta cessione”.

Tutte queste novità sono applicabili esclusivamente alle cessioni del credito comunicate all’Agenzia delle Entrate a partire dal 1° maggio 2022. Importanti novità anche per i titolari di partita IVA e soggetti IRES. L’articolo 29 TER infatti, stabilisce delle novità anche per  i soggetti IRES e titolari di partita IVA. Chi trasmette dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, può inviare la comunicazione dell’esercizio delle opzioni relative allo sconto in fattura o della cessione del credito, anche oltre il 29 aprile, ma entro il 15 ottobre 2022.

Fattura elettronica e privacy: novità 2022

La fattura cartacea non esiste più da circa tre anni. È stata sostituita dalla fattura elettronica che è molto più semplice, veloce e comoda. Inoltre si è dimostrata essere un valido aiuto nella battaglia contro l’evasione fiscale che, nel 2021 è calata drasticamente. Nonostante i miglioramenti che la fatturazione elettronica ha apportato al nostro sistema, c’è chi sostiene che violi la privacy dei contribuenti. Cerchiamo quindi di capire meglio tutte le dinamiche che intercorrono tra fattura elettronica e privacy.

Fattura elettronica e privacy

La fattura elettronica è un sistema relativamente “nuovo” introdotto in Italia da circa tre anni. In questo lasso di tempo ha già dato buoni frutti e ha fatto ottenere diversi risultati sul fronte evasione fiscale dell’IVA (soprattutto per quanto riguarda l’anno d’imposta 2021).

Anche a causa della pandemia da Covid-19, le attività online sono andate aumentando sempre di più. Sono pratiche, funzionali, comode e veloci. La possibilità di pagare online per un acquisto è ha semplificato la vita a molte persone e reso possibile commerci che fino a qualche anno fa non erano nemmeno immaginabili.

Anche lo Stato ha potuto beneficiare, e non poco, di questo innovativo sistema di pagamenti. Infatti, ha la possibilità di controllare molto meglio ogni singola attività svolta e transazione effettuata. Di conseguenza non riscontra alcun problema per eseguire verifiche e incassare imposte e tributi dovuti. Le autorità competenti, quindi, possono controllare più facilmente ogni genere di commercio, scambio, pagamento e transazione eseguita dai contribuenti.

La fattura elettronica, però, ha comunque sollevato alcuni dubbi riguardo la sua legittimità nei confronti della popolazione. Le riserve riguardano, in particolar modo il diritto alla privacy. Ma cerchiamo di fare il punto sulla situazione attuale.

Fattura elettronica: cos’è e come funziona

Facciamo un breve riassunto che non guasta mai. La fattura elettronica ha sostituito definitivamente quella cartacea e permette d’inviare e ricevere la documentazione relativa alle transazioni economiche, completamente in formato digitale. Esistono software specializzati nella creazione, conservazione e invio delle fatture elettroniche (proprio come FatturaPRO.click).

Le fatture elettroniche sono create direttamente attraverso questi software che le emettono in formato .XML, l’unico legalmente riconosciuto al momento attuale. I programmi specifici sono quindi in grado di compilare una fattura elettronica, firmarla digitalmente, inviarla al destinatario (passando attraverso il Sistema di Interscambio) e recapitarla a chi di competenza.

Un sistema particolarmente semplice che ha permesso di ridurre l’evasione fiscale dell’IVA di 7,4% nel 2021, rispetto all’anno precedente. L’anno scorso, infatti, l’evasione dell’IVA è stata per la prima volta al di sotto della soglia del 20%, per l’esattezza è stata pari al 19,9%.

Ma tornando al problema iniziale che vede coinvolte la fattura elettronica e privacy, c’è chi sostiene che questo strumento violi questo diritto dei soggetti coinvolti. Perché? Vediamolo.

Fattura elettronica e privacy

Garante privacy e fattura elettronica: davvero c’è violazione?

Le fatture elettroniche devono riportare, obbligatoriamente: natura, quantità, qualità dei beni e servizi prestati. Al fine di capire se vi fosse o meno violazione della privacy, il Garante per la protezione dei dati personali, ha avviati, quindi, una serie di colloqui con Agenzia delle Entrate.

Alla fine del 2021, a seguito del lavoro del Garante, è stato emesso un provvedimento che serve ad aumentare la privacy delle fatture elettroniche. Una delle misure introdotte dall’Autority è quella di limitare la possibilità agli esercenti, di emettere fatture elettroniche al posto del normale scontrino commerciale, per adempiere ai doveri amministrativi.

Alla luce di quanto analizzato, il Garante, ha però dichiarato che il rapporto “fatture elettroniche e privacy” deve ancora essere migliorato. In vista, quindi, delle novità per il 2022. Non sono ancora state specificate nel dettaglio le novità in materia, ma gli scenari prospettabili sono tanti.

Privacy e fattura elettronica: alcuni possibili scenari

Viste le obiezioni mosse dal Garante verso il rispetto della privacy da parte delle e-fatture, Agenzia delle Entrate potrebbe eliminare l’obbligatorietà di emissione, lasciandole facoltative in base alla volontà del contribuente.

Un’altra possibilità, invece, è quella secondo la quale lo stesso contribuente potrebbe vietare ad AdE di “conservare le proprie fatture”. A oggi, in effetti, Agenzia delle Entrate, conserva le fatture elettroniche per 8 anni dalla data della transazione. È stato il Decreto Legislativo 127/2019 a stabilirlo:

“I file delle fatture elettroniche acquisiti ai sensi del comma 3 sono memorizzati fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, al fine di essere utilizzati:

  1. a) dalla Guardia di finanza nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68; 
  1. b) dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di Finanza per le attività di analisi del rischio e di controllo a fini fiscali.”

Insomma, alla fine le possibilità sono tante e disparate. Bisogna solo aspettare la decisione definitiva che prenderà l’Autority nell’arco di quest’anno.

Autoliquidazione: cos’è, calcolo e scadenze

Per legge, ogni azienda, con dipendenti, è obbligata a pagare un premio annuale all’INAIL per la copertura di eventuali infortuni sul lavoro. Il medesimo obbligo ce l’hanno gli artigiani che esercitano la propria attività, anche quando non collaborano con dei subordinati. L’autoliquidazione rappresenta, quindi, un adempimento basilare per datori di lavoro e artigiani.

Autoliquidazione: cos’è

Visto quanto detto poco sopra, è chiaro che l’autoliquidazione INAIL costituisce semplicemente l’obbligo di versamento dei contributi dovuti all’Istituto per la copertura obbligatoria di eventuali infortuni. Un onere a carico dei proprietari d’azienda e degli artigiani che esercitano la propria professione. Si tratta di un premio annuale calcolato in base a determinate variabili. Il calcolo è fatto autonomamente, oppure attraverso l’ausilio di specifici studio di commercialisti. Essendo un argomento alquanto complesso e delicato, la cosa migliore da fare è quella di rivolgersi sempre a dei professionisti del settore, onde evitare d’incappare in spiacevoli errori.

Calcolo autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione è calcolata in base a specifici parametri:

  • settore di competenza dell’attività (artigianato, industria, servizi o altre attività)
  • mansione e ruolo all’interno dell’azienda
  • numero d’infortuni avvenuti all’interno dell’impresa
  • maggiorazioni, o riduzioni, previste

Nel calcolo è preso in considerazione e applicato un tassodi rischio specifico. Quest’ultimo varia in base all’imponibile, vale a dire alla somma delle retribuzioni annue. Sul sito dell’INAIL è presente una sezione specifica dove, ciascuna azienda, ha la possibilità di trovare il proprio tasso di rischio specifico. Per accedere al proprio fascicolo aziendale ogni impresa deve essere in possesso di un determinato PIN che è rilasciato dall’ Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro.

Autoliquidazione

Scadenza autoliquidazione INAIL

Come ogni altro obbligo, anche l’autoliquidazione prevede delle specifiche scadenze. Prima di tutto è un obbligo annuale, quindi significa che l’imprenditore con dipendenti, o l’artigiano che esercita la professione, devono corrisponderlo ogni anno. È stato fissato un termine unico al 16 febbraio. Entro tale scadenza devono essere compiute precise operazioni:

  1. calcolo della rata del premio annuale – l’ammontare deve comprendere l’anno in corso e l’eventuale conguaglio relativo all’annualità precedente
  2. calcolo del premio di autoliquidazione – questa comprende la rata dell’anno corrente, più il conguaglio dell’anno precedente. La somma risultante è al netto delle eventuali riduzioni previste
  3. pagamento del relativo premio tramite modello F24 – il pagamento può essere fatto usando il modello F24, cioè il modello di pagamento unificato, oppure utilizzando l’F24 EP, vale a dire Modello di pagamento unificato enti pubblici.

Rateazione autoliquidazione INAIL

L’autoliquidazione può essere pagata a INAIL in un’unica soluzione alla scadenza del 16 febbraio, oppure può essere rateizzata. Quattro è il numero massimo di rate previste. La comunicazione della volontà di effettuare il pagamento rateale, deve avvenire tramite comunicazione telematica.

Le scadenze dei pagamenti rateizzati sono le seguenti:

  • Prima rata: 16 febbraio
  • Seconda rata: 16 maggio
  • Terza rata: 20 agosto
  • Quarta rata: 16 novembre

In caso di rateizzazione è applicato un tasso d’interesse pari allo 0,68%. Le quattro rate trimestrali corrispondono quindi al 25% del premio annuale. Il tasso d’interesse è calcolato sempre facendo riferimento al tasso medio d’interesse 2021 pubblicato sul sito www.dt.tesoro.it

Autoliquidazione INAIL 2022: aggiornamento scadenze

Il 29 dicembre 2021 INAIL ha pubblicato tutte le istruzioni operative sull’autoliquidazione 2021/2022. In particolare, nella guida, sono specificate le operatività circa le eventuali riduzioni contributive da applicare. Le istruzioni contengono un riepilogo accurato delle scadenze e delle modalità di adempimento a carico dei datori di lavoro.

Nello specifico ricordiamo l’ultimo aggiornamento in merito alle scadenze che prevede:

  • 16 febbraio 2022 – versamento del premio di autoliquidazione in unica soluzione o della prima rata in caso di pagamento rateale e contributi associativi  in unica soluzione
  • 28 febbraio 2022 – presentazione delle dichiarazioni delle retribuzioni effettivamente corrisposte nell’anno 2021

Nella guida sono indicate anche tutte le riduzioni che si applicano all’autoliquidazione 2021/2022. Tra le più significative ricordiamo:

  • Sgravio per il Registro Internazionale (PAN)
  • Incentivi per il sostegno della maternità e paternità e per la sostituzione di lavoratori in congedo (PAT)
  • Riduzione per le imprese artigiane (PAT)
  • Incentivi per assunzioni legge n. 92/2012, art. 4, commi 8-11 (PAT)
  • Riduzione per le cooperative agricole e i loro consorzi operanti in zone montane e svantaggiate (PAT)

Tutti i servizi relativi all’autoliquidazione sono presenti direttamente sul sito dell’INAIL.

Modulo F24: cos’è, come si può usare e tipologie esistenti

Il modulo F24 è un pratico strumento di pagamento. Lo abbiamo già rammentato in diverse occasioni, ad esempio  nell’articolo sulle metodologie di pagamento dell’acconto IVA, oppure quando parlavamo del ravvedimento operoso 2021. Esistono diverse tipologie di f24, per l’esattezza tre: base, accise ed elide. In questo articolo vogliamo andare a indicarvi gli elementi necessari per capire la differenza tra i vari modelli esistenti e sapere esattamente quando e per cosa possono essere usati.

Modulo F24: cos’è e modelli a disposizione

È già chiaro che il modulo F24 è uno strumento semplice e versatile con il quale è possibile effettuare dei pagamenti, anche online. I modelli disponibili sono tre:

  • Base – è il modello maggiormente utilizzato dai contribuenti che serve a pagare la maggior parte dei contributi, delle imposte e dei tributi
  • Accise – si differenzia dal modello precedente perché contiene una specifica sezione relativa, appunto, al pagamento delle accise, ma anche dei tributi di Monopolio e altre somme. Quando si utilizza questo modello non è possibile comprendere importi in compensazione.
  • Elide – serve a pagare l’imposta di registro sui contratti di locazione, l’imposta sui veicoli a motore e altre specifiche tipologie di versamenti per i quali sono necessarie informazioni non trascrivibili direttamente sul modello. In pratica serve per pagare: Imposta di Registro, Imposta di bollo, sanzioni e interessi relativi ai contratti di locazione, Tributi speciali e compensi, IVA per immatricolazione e voltura di mezzi di trasporto immatricolati nella UE e Contributi previdenziali INPS.

Quindi, prima di procedere a un qualunque pagamento, è bene individuare il modello esatto da usare.

Modulo F24

Tributi e imposte che si possono pagare con l’F24

Per quali tributi e imposte è possibile utilizzare il modulo F24 per effettuare il pagamento? Le imposte e i tributi (imposte, tasse, contributi previdenziali, tributi locali e accise) pagabili attraverso questo sistema, sono molteplici:

A ogni tributo corrisponde uno specifico codice tributo che deve essere indicato nel modulo f24. Si tratta di codici specifici e identificativi di ciascun tributo o imposta. Agenzia delle Entrate ha predisposto un link apposito, al quale è possibile cercare e trovare il codice tributo relativo alla propria imposta/tributo da pagare.

Modelli F24 per pagamento online

I modelli F24 possono essere usare per effettuare i pagamenti dovuti a ogni singola scadenza. Chi possiede una partita IVA deve, obbligatoriamente, effettuare il pagamento in modalità telematica. Questo è quanto previsto dall’articolo 37,comma 49, del D.L. n. 04/07/2006, n. 223. Esistono comunque delle specifiche eccezioni, vale a dire precisi casi d’esenzione.

Per pagare utilizzando un modulo F24 bisogna seguire delle precise regole:

  • I privati che devono pagare importi superiori a 1000€, o che utilizzano crediti in compensazione, a saldo zero, non possono più portare l’F24 cartaceo in banca. Anche loro dovranno quindi pagare l’F24 telematicamente
  • L’F24 cartaceo è possibile solo se precompilato dall’ente impositore, di qualsiasi importo. Non devono però essere presenti crediti in compensazione
  • È possibile infine pagare con modello cartaceo per i beneficiari di agevolazioni fiscali riconosciute sotto forma di crediti d’imposta, utilizzabili in compensazione esclusivamente presso gli agenti della riscossione

F23 VS F24

Il modello F23 non esiste più. Serviva per effettuare il pagamento dell’imposta di registro relativa ai contratti di comodato gratuito. Il modulo F24 invece si utilizza per il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.  L’unico modello di pagamento delle imposte con elementi identificativi è il modello F24.

Acconto iva: versamento, codice tributi e sanzioni per mancato pagamento

L’articolo precedente: “Calcolo acconto IVA: definizione, soggetti passivi iva e metodologie” ha introdotto un argomento caro a moltissimi contribuenti: il calcolo e le tempistiche dell’acconto IVA di fine anno. Entro il 27 dicembre di ogni anno, infatti, i soggetti passivi IVA, sono tenuti a versare l’acconto sull’imposta all’amministrazione finanziaria. Abbiamo, quindi, visto quali sono i soggetti obbligati a tale impegno e come può essere calcolato l’acconto di fine anno (metodo storico, previsionale e analitico). Continuiamo adesso a esplorare l’argomento andando a vedere, nel dettaglio, com’è possibile materialmente effettuare il versamento dell’acconto, quali sono i codici tributo identificativi e le eventuali sanzioni per versamento insufficiente.

Acconto IVA: ecco come effettuare i pagamenti

Una volta calcolato l’importo da versare, l’acconto può essere saldato utilizzando un modello F24, in modalità, esclusivamente, telematica. È possibile, inoltre, effettuare compensazione dell’importo dovuto a titolo d’acconto. Una scelta che può essere presa liberamente. La compensazione può essere effettuata con eventuali crediti di imposte o contributi di cui si dispone. Logico che debba trattarsi di crediti derivanti da dichiarazioni valide e presentate regolarmente.

I contribuenti trimestrali non devono, in questo caso, applicare gli interessi dell’1%. L’acconto versato deve essere poi sottratto all’IVA da versare il mese di dicembre (contribuenti mensili), in sede di dichiarazione annuale IVA (contribuenti trimestrali), o dalla liquidazione del quarto trimestre per i contribuenti speciali.

Codice tributo acconto IVA: come compilare correttamente l’F24

Il modello F24 da utilizzare per il pagamento dell’acconto IVA deve riportare, come sempre, determinati codici tributo. In questo specifico caso quelli da indicare sono:

  • 6013 – contribuenti mensili
  • 6035 – per i contribuenti trimestrali

Acconto iva

Mentre per quanto riguarda l’anno di imposta da trascrivere è sempre quello durante il quale si sta effettuando il pagamento stesso.

Scadenza acconto IVA

Ricordiamo che la scadenza prevista per il pagamento dell’acconto IVA dell’anno corrente, è sempre il 27 dicembre. Nel caso in cui il versamento non è effettuato, oppure è eseguito in ritardo, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al 30%.

Sanzioni amministrative: cosa succede se l’acconto non è versato o versato in ritardo?

Come abbiamo poco prima visto, nel caso in cui l’acconto IVA non venga pagato entro i termini previsti (27 dicembre), o pagato in un importo non sufficiente, l’amministrazione finanziaria ha previsto l’applicazione di eventuali sanzioni. Nello specifico si tratta del 30% che può comunque essere regolarizzata mediante il ravvedimento operoso.

Il ravvedimento operoso è uno strumento attraverso il quale il contribuente ha la possibilità  di regolarizzare la propria posizione fiscale. Relativamente all’acconto IVA, il contribuente può pagare con il ravvedimento operoso, tramite modello F24:

  • l’imposta dovuta
  • interessi pari all’1% calcolati a giorni
  • la relativa sanzione prevista ex articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97

La sanzione è applicata in misura diversa a seconda di quando è effettuato il pagamento:

  • dallo 0,2% al 2,8%, se il pagamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza. Per ogni giorno di ritardo è applicato lo 0,2%. Questa formula prende il nome di ravvedimento sprint
  • 3% se il pagamento è eseguito tra 15 e 30 giorni dalla scadenza
  • 3,75% se il pagamento è eseguito oltre 30 giorni ed entro il termine di presentazione del modello Iva relativo all’anno in corso

Il ravvedimento operoso consente quindi al contribuente di regolarizzare la propria posizione fiscale in caso di mancato, omesso o insufficiente pagamento di imposte e tributi (in questo caso specifico relativamente parlando dell’acconto IVA).

Il ravvedimento si esegue effettuando il pagamento del tributo, della sanzione e degli eventuali interessi calcolati. La violazione inizia dal giorno di scadenza del termine previsto. Da lì in poi, quindi, sono calcolati gli interessi da pagare.

Acconto IVA: conclusioni

La fine dell’anno corrisponde sempre a un obbligo molto importante per tutte le partite iva. Il calcolo acconto iva e il relativo pagamento entro il 27 di dicembre, segna la chiusura dell’ultimo periodo dell’anno. Vista la particolarità dell’anno in corso, è sempre bene valutare attentamente il metodo da utilizzare per il calcolo e informarsi sempre se l’Esecutivo avesse in programma delle eventuali nuove proroghe.

WooCommerce: Al via il nuovo plugin FatturaPRO.click per i siti di e-commerce

Ce lo avete chiesto in tanti e ci piace essere dei pionieri, per questo è con enorme piacere che annunciamo l’uscita del nostro plugin, che risolve un’esigenza molto sentita tra i nostri clienti, quella di poter emettere non solo fatture elettroniche ma anche il nuovo documento commerciale online direttamente dal sito di  e-commerce basato sulla tecnologia più popolare al mondo.

Il Documento Commerciale Online, direttamente da WooCommerce, con un click

Nuova versione 1.0.12 disponibile, migliora l’esperienza utente nel checkout con Woocommerce 7.6 e superiori

Abbiamo sviluppato un plugin in grado di aggiungere le funzionalità che mancavano a WooCommerce per permettervi di generare fatture e corrispettivi, direttamente dall’elenco ordini sul sito e di farlo con assoluta tranquillità, automatizzando completamente il processo.

Questo è reso possibile dal fatto che abbiamo inserito nel check-out la possibilità di indicare se privato o Azienda, i campi obbligatori richiesti da SdI per l’emissione di una fattura elettronica (codice destinatario o PEC) e inseriti i controlli su Partita IVA e Codice Fiscale.

La configurazione è semplicissima, questi i passaggi per essere subito operativi:

  1. Generare la chiave per il vostro sito dalla piattaforma FatturaPRO.click;
  2. Scaricare e Installare il plugin per WordPress, il link si trova nella stessa pagina;
  3. Inserire la chiave nelle impostazioni del plugin;
  4. Per l’emissione del Documento Commerciale Online occorre inserire anche la password dell’AdE, questa verrà verificata e salvata crittografata sul vostro server.

Configurazione del Plugin

Come prima cosa entriamo nel menu Account di FatturaPRO.click e selezioniamo la voce Domini,

Aggiungiamo il dominio del sito e-commerce e salviamo, verrà generata la chiave che dovremo copiare e incollare nel campo API Key del plugin

Configurazione Plugin WooCommerce FatturaPRO

 

Incolliamo la API Key del dominio relativo al nostro e-commerce, selezioniamo il sezionale che vorremmo utilizzare per le fatture o i corrispettivi generati da questo sito e-commerce (non è necessario se volte utilizzare un’unica numerazione per tutti i documenti)

Se decidiamo di emettere gli scontrini è necessario inserire la password AdE, quando salverete verrà effettuata una verifica per assicurarci che tutto funzioni prima di attivare l’automazione

 

Configurazione Plugin WooCommerce FatturaPRO

 

Infine, se vendo in esenzione IVA, devo indicare a FatturaPRO.click di quale esenzione si tratta, lo faccio inserendo un’imposta aggiuntiva allo 0% che abbia come nome il relativo codice Assosoftware.
Posso indicare più di un’aliquota di esenzione, per ognuna di esse devo inserire un’aliquota d’imposta aggiuntiva.

 

Configurazione Plugin WooCommerce FatturaPRO

 

Dopo aver salvato, ritroviamo la nostra aliquota aggiuntiva nelle impostazioni, clicchiamo su di essa e la impostiamo come segue:

 

Configurazione Plugin WooCommerce FatturaPRO

 

All’interno del plugin è disponibile una lista aggiornata delle esenzioni Assosoftware

 

Nel plugin di Woocommerce potrai trovare una lista che viene costantemente aggiornata e che contiene le esenzioni di uso frequente come la N060104 – Art.17 c.6 lett.a (prestaz.sett.edile subappalto) o N060109- Cessione di beni art. 7bis – UE e tante altre.

Per una lista completa delle esenzioni rimandiamo alla tabella disponibile per il download direttamente dal sito di Assosoftware

 

 

Abbuono: attivo, passivo e in contabilità

Abbuono è uno dei tanti termini utilizzati in contabilità. Conoscerne il significato aiuta a capire come poter utilizzare questo particolare strumento e soprattutto come e quando indicarlo nelle fatture elettroniche. Assieme a una vasta terminologia utilizzata da contabili, commercialisti, ragionieri, ecc… L’abbuono fa parte di un ricco dizionario che può tornare davvero molto utile a chi vuole aprire una partita IVA da zero, oppure per chi è già “navigato” nel mare delle microimprese e piccole e medie attività. Vediamo quindi di capire meglio la terminologia specifica del settore contabile e come applicarla in pratica, nella vita di tutti i giorni.

Abbuono: definizione

Partiamo dalle basi, vale a dire spieghiamo cos’è materialmente un abbuono. Si tratta di una riduzione concessa  sul pagamento di una prestazione, oppure sul prezzo pattuito con il cliente/committente.

Ci sono vari motivi che spingono un soggetto a concedere un abbuono. Ad esempio è molto comune quando, per errore, viene spedita della merce sbagliata.

Esistono poi due diverse tipologie di abbuono:

  • attivo
  • passivo

Vediamole nel dettaglio.

Abbuono attivo

Si tratta di un abbuono, vale a dire di una riduzione di prezzo, concessa dal fornitore, dopo che la fattura elettronica è già stata emessa. Una condizione piuttosto comune che si verifica quando, ad esempio, la prestazione o i prodotti venduti si rivelano essere inferiori (quantitativamente o qualitativamente) al prezzo pattuito.

Abbuono

Abbuono passivo

In questo caso è richiesto un pagamento inferiore al cliente/committente, rispetto a quanto previsto di solito.

Anche questa casistica si verifica quando, ad esempio, il servizio reso è inferiore alle aspettative pattuite in fase preliminare. Altro caso in cui si presenta la necessità di ricorrere a un abbuono passivo è quello in cui si tratta merce qualitativamente inferiore agli accordi presi. È prassi, in questi casi, prima di emettere la fattura elettronica, ricalcolare il pagamento dovuto, a favore del cliente.

Abbuono: clienti e venditori

Quando si parla di abbuono, si devono distinguere due diversi soggetti interessati dall’elemento in questione: i clienti e i venditori.

Si parla quindi di contabilità cliente e contabilità fornitore. Nella prima è prevista una variazione finanziaria attiva che deve essere registrata in DARE del conto Fornitori, o Debiti v/fornitori per l’importo dell’abbuono e dell’IVA. Si tratta quindi di una variazione economica negativa. Questa è pari all’importo dell’abbuono da rilevare in AVERE del conto Abbuoni attivi. Inoltre deve essere rivelata anche una variazione finanziaria passiva da registrare in AVERE del conto IVA ns/debito per l’importo dell’IVA relativa all’abbuono.

La contabilità fornitore invece è una variazione finanziaria passiva da registrare in AVERE del conto Clienti o Crediti v/clienti per l’importo dell’abbuono e dell’IVA. Questa corrisponde a una variazione economica positiva pari all’importo dell’abbuono da rilevare in DARE del conto Abbuoni passivi e una variazione finanziaria attiva da registrare in DARE del conto IVA ns/credito per l’importo dell’IVA relativa all’abbuono.

Conclusioni

In conclusione questo elemento rappresenta una riduzione. Tale riduzione è concessa al debitore direttamente sulla somma da pagare. In alcuni casi (più unici che rari!) può addirittura arrivare fino alla totale rinuncia della riscossione da parte del creditore. In alcuni casi, le due parti, cliente e venditore, possono prevedere un abbuono reciproco. Questo accade quando, ad esempio, sono rilevate e accertate una o più differenze, nella merce consegnato e/o promessa. In tal modo, è garantita la possibilità di una rettifica di fattura in favore dell’una o dell’altra parte contraente.

Merita una menzione particolare anche l’abbuono d’imposta. Si tratta di uno sgravio, totale o parziale, di un’imposta. È concesso di solito in via temporanea, in seguito a serie decurtazioni del reddito. Le decurtazioni possono avvenire in seguito, ad esempio, di gravi calamità, oppure qualora si paghi un’imposta straordinaria in un tempo minore del previsto.

È spesso utilizzato anche come sinonimo di sconto, reso o arrotondamento. In realtà, ciascuno di questi termini, indica una specifica condizione che si caratterizza in modo particolare rispetto alle altre. In linea generale comunque, può essere definito come una riduzione del prezzo pattuito, previsto per andare a compensare un disagio subito da parte del cliente. L’operazione è documentata da una nota di credito. Quest’ultima è emessa dalla ditta venditrice per l’importo  accordato e della relativa IVA. La scrittura in Partita Doppia viene effettuata al momento dell’emissione del documento.

Fattura elettronica Pubblica Amministrazione: come crearla, inviarla e conservarla

Nell’articolo precedente:Fattura elettronica a privato senza p iva: ecco come fare in pochi semplici mosse!Abbiamo visto come e quando è possibile emettere una fattura elettronica a un soggetto privato senza partita IVA. Abbiamo suddiviso le differenti casistiche per capire meglio i dati a inserire in fattura e specificato come fare a inviare e conservare correttamente i documenti inviati. Oggi invece vogliamo soffermarci sulle modalità da seguire per emettere fattura elettronica Pubblica Amministrazione (PA). In questo caso è di assoluta importanza conoscere alcuni concetti fondamentali, quali, ad esempio: codice univoco, CIG, CUP, Split Payment e decorrenza termini. Una terminologia specifica, per un “cliente” molto particolare, le PA.

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione: un obbligo per tutti

Emettere Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione è obbligatorio per qualunque soggetto. Con l’entrata i vigore della digitalizzazione dei documenti commerciali, non esiste più la possibilità di emettere e consegnare alle PA fatture cartacee. La fatturazione elettronica verso la pubblica amministrazione, inoltre, richiede di indicare e usare una serie di dati del tutto assenti per le fatture verso i privati.

Tutti i documenti cartacei trasmessi alle PA non possono essere pagati, nemmeno parzialmente. A stabilirlo è stato proprio il Ministero dell’Economia e delle Finanze che ha deciso che Ministeri, Agenzie Fiscali ed Enti Nazionali di Previdenza e tutte le PA non possono più ricevere fatture cartacee.

Questo significa che anche i privati in regime forfettario devono emettere fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione.

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione

Fattura Elettronica verso PA: quali sono i dati obbligatori

In base al destinatario delle fatture elettroniche, i dati da riportare sui documenti e i campi da compilare, differiscono. Nelle fatture elettroniche verso PA, ad esempio, troviamo l’obbligo di compilare alcuni campi che invece non risultano presenti o importanti per i privati.

Partendo dal codice univoco, fino al CIG o CUP, i dati da segnalare e inserire sono molto specifici. Il codice univoco deve infatti corrispondere al numero seriale di 6 cifre che identifica in modo univoco l’ufficio pubblico. Già qui troviamo una differenza con le fatture ai privati, perché il codice univoco è di sette (numeri e lettere) cifre e non di sei (numeri e lettere).

Se il codice non è fornito direttamente è possibile recuperarlo direttamente dal portale IPA.

Altri due dati obbligatori da inserire nella fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione sono i codici CIG e CUP.

  • CIG – Codice Identificativo di Gara – dieci caratteri alfanumerici che serve a indicare una gara d’appalto
  • CUP – Codice Unico di Progetto – 15 caratteri alfanumerici che identifica un progetto d’investimento pubblico.

Dati necessari a garantire la tracciabilità dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni. Mentre il CUP è da inserire solo se espressamente richiesto dall’Ente, il CIG invece deve essere sempre presente. Sono previsti solo alcuni sporadici casi in cui è prevista l’esclusività dall’obbligo della tracciabilità. Casi riportati dalla Legge n°136 del 13 agosto 2010.

Split Payment

Lo split payment è la scissione dei pagamenti, vale a dire un meccanismo secondo il quale le PA che acquistano, possono non corrispondere l’IVA presente in fattura al fornitore, ma direttamente all’erario.

Sul sito del Dipartimento delle Finanze è presente l’elenco completo di tutte le Amministrazioni Pubbliche e degli enti che applicano lo Split Payment. In generale chiunque emetta fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione deve seguire la regola dello split payment. Esistono comunque delle eccezioni. Non sono costretti ad applicare split payment:

  • i professionisti con ritenuta alla fonte a titolo d’acconto o di imposta sul reddito
  • i Contribuenti Forfettari e i soggetti a regimi speciali IVA

Fattura elettronica alla Pubblica Amministrazione: cosa succede quando viene recapitata

Una volta compilata la fattura elettronica, queste deve essere inviata alla PA tramite il ben noto Sistema di Interscambio. Come tutti sanno, quando si procede all’invio di un’e-fattura, l’SDI risponde con una serie di messaggi che indicano lo stato di avanzamento dell’operazione compiuta. Anche in questo caso riscontriamo delle differenze rispetto all’invio delle fatture elettroniche verso privati.

Inviare fatture elettroniche alle PA può generare un numero maggiore di notifiche. Questo perché le PA possono rifiutare fatture elettroniche che invece sono state accettate dal Sistema di Interscambio.

Diversi i messaggi, tra cui:

  • Notifica di scarto
  • Notifica di mancata consegna
  • Attestazione di avvenuta trasmissione
  • Notifica di scarto esito
  • Ricevuta di consegna
  • Notifica di esito (accettata o rifiutata)
  • Notifica di decorrenza termini

A seconda del messaggio ricevuto è opportuno gestire la fattura in un modo, piuttosto che un altro.

 

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