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Fattura elettronica europea: la proposta INT

L’INT – Istituto Nazionale Tributaristi ha inviato, alla Commissione Europea, un contributo sulla fattura elettronica europea. Le proposte sono contenute in un comunicato risalente a 10 giorni fa, esattamente il 7 febbraio 2022, dove l’INT chiede di semplificare l’iter per gli adempimenti d’imprese e contribuenti. È inoltre auspicata un omogeneità normativa in Unione Europea per quando riguarda IVA e fatturazione elettronica.

Fattura elettronica europea: in cosa consiste la proposta dell’INT

L’INT ha manifestato uno spiccato gradimento nei confronti del piano d’azione adottato dalla Commissione Europea e invita a non fermarsi e a implementare nuove attività. L’INT propone la fattura elettronica europea, sottolineando come questo strumento possa essere necessario ed efficace a combattere l’evasione fiscale.

Suggerisce alla Commissione di semplificare le procedure burocratiche a cui, imprese e contribuenti, devono adempiere. Le parole testuali dell’INT sono state:

“Semplificare i rapporti commerciali intracomunitari riducendo gli adempimenti burocratici.”

La Commissione deve lavorare per cercare di armonizzare il più possibile la normativa che vige nei vari paesi dell’UE relativa all’imposta sul valore aggiunto. Deve inoltre adoperarsi per semplificare al massimo gli adempimenti tra i paesi dell’Unione. I punti obbligatori, presi in esame, sono:

Fattura elettronica europea 2022: le parole del presidente Alemanno

Il presidente dell’INT, Riccardo Alemanno, si è espresso sull’argomento IVA e fattura elettronica europea:

“I sistemi digitali applicati alla fiscalità possono sicuramente avere grande efficacia sia in termini di lotta all’evasione sia di semplificazione. Occorre però che a monte dell’utilizzo di tali strumenti informatici si attui una politica di omogeneità delle norme all’interno dell’Unione europea, in particolare su aliquote IVA e fatturazione elettronica. Pertanto si è assolutamente d’accordo sull’introduzione di una partita IVA europea e si auspica che quanto prima si possa avere anche un’unica piattaforma digitale per la gestione degli scambi intracomunitari.”

Con queste parole, il presidente, ha voluto sottolineare che, grazie a un’auspicabile uniformità normativa, all’interno dell’UE, anche le operazioni commerciali, ne gioverebbero e migliorerebbero sicuramente.

Fattura elettronica europea

Modifiche che si ripercuoterebbero positivamente, anche su contribuenti e consumatori. Alemanno, infatti, sostiene che è necessario arrivare progressivamente ad aliquote armonizzate, così da evitare difformità negli scambi commerciali tra Paesi membri. Inoltre, propone e si augura, che l’obbligo della fatturazione elettronica potrebbe già adesso essere imposto a b2b  e b2c. Così facendo, molte procedure burocratiche che gravano sui consumatori, verrebbero snellite grandemente.

Per la precisione, le parole del Presidente sono state le seguenti:

“È evidente che l’introduzione di sistemi digitali in ambito fiscale possa produrre il massimo beneficio e apportare una semplificazione effettiva degli adempimenti, solo se le attuali normative saranno riformate e adattate all’era digitale. È necessario in ambito IVA arrivare gradualmente ad aliquote armonizzate per evitare difformità negli scambi commerciali dei Paesi membri e semplificarne gli aspetti burocratici e amministrativi. Nell’immediato si potrebbe già attuare l’obbligo di fatturazione elettronica b2b e b2c che, oltre a contribuire alla riduzione dell’evasione dell’IVA, semplificherebbero lo scambio di documentazione evitando una serie di adempimenti che attualmente gravano sulle attività produttive e conseguentemente sui consumatori.”

Fattura elettronica europea e sicurezza nella gestione dei dati

Argomento delicato e spinoso, è trattato con lungimiranza dal presidente Alemanno che esplicita la necessità di una revisione generale delle norme che regolano la privacy in ciascuno Stato membro. Un riesame che porterebbe anche a garantire una sicurezza digitale superiore ai contribuenti, attraverso l’applicazione di strumenti anti intrusione delle piattaforme digitali.

La Commissione Europea ha proposto al Parlamento Comunitario la redazione di una dichiarazione di diritti e principi che guidino in modo condiviso la trasformazione digitale all’interno dell’Unione europea. Alemanno si augura che questa “dichiarazione” possa trovare inserimento anche nel contesto degli scambi commerciali di beni e servizi. Solo così si potranno salvaguardare dati e privacy, senza aggravare ulteriormente gli adempimenti burocratici.

Infine il presidente ha sottolineato la necessità che il legislatore italiano renda al più presto operative le misure previste all’interno della Legge Delega della Riforma Fiscale.

Comunicazione Unica: cos’è, a cosa serve e chi deve inviarla

Nel precedente articolo: “Partita iva per e-commerce: tutto quello che c’è da sapere” abbiamo visto i passaggi che un imprenditore digitale deve seguire per aprire partita IVA e vendere online. Tra questi troviamo la comunicazione unica, detta anche comunicazione unica d’impresa. Si tratta di un adempimento che concretizza un’idea, trasformandola da sogno in business. Una procedura telematica che permette, in un unico step, di assolvere diversi adempimenti. Vediamola nel dettaglio.

Comunicazione Unica: cos’è

Specifichiamo subito che oggi non è più possibile, o necessario, recarsi di persona presso i singoli uffici per aprire partita IVA, iscriversi alla Camera di Commercio, alla Gestione INPS Artigiani e Commercianti, oppure all’INAIL. Oggi basta fare la comunicazione unica.

Uno strumento che consente di depositare l’iscrizione di una nuova attività presso il Registro delle Imprese. La legge che l’ha introdotto è la n°40/2007 art.9 ed è diventata obbligatoria a partire dal 01 aprile 2010 nei casi di:

  • Presentazione domanda iscrizione Registro delle Imprese
  • Richiesta di variazione/cessazione per imprese già in essere

La comunicazione Unica d’Impresa è un modello da compilare online che contiene i seguenti dati:

  • Dati del richiedente
  • Oggetto della comunicazione
  • Riepilogo richieste inoltrate ai vari enti

A seconda poi della necessità può contenere anche uno o più dei seguenti modelli:

Ci sono casi in cui, oltre a quanto riportato sopra, è necessario presentare anche la SCIA (Segnalazione Certificata d’Inizio attività) al SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del proprio comune.

Comunicazione Unica

Comunicazione unica d’impresa: i soggetti obbligati

Non tutti i lavoratori autonomi sono obbligati a presentare la comunicazione unica. Si tratta infatti di uno step obbligatorio per le ditte individuali che devono essere iscritte al Registro delle Imprese. L’iter burocratico che invece devono seguire i liberi professionisti è molto semplice, veloce e non costa nulla.

Non è sempre facile inquadrare e definire l’ambito di ciascuna attività. In alcuni casi i confini sono sottili e poco delineati, soprattutto per quanto concerne attività innovative. Nonostante tutto proviamo ugualmente a generalizzare per indicare i soggetti obbligati a presentare la dichiarazione unica d’impresa:

  • Imprenditori del settore commerciale – in questa categoria rientrano i titolari di negozi fisici, ma anche gli imprenditori digitali di siti di e-commerce
  • Titolari di agenzie (es. Agenzie di marketing, organizzazione eventi, pubblicità, ecc…)
  • Titolari di esercizi pubblici – facciamo qualche esempio: bar, ristoranti, pub, ecc…
  • Imprenditori artigiani – questa categoria, in particolare, comprende:
  • Parrucchieri, estetiste, tatuatori, onicotecniche, ecc…
  • Fabbri, falegnami, idraulici, elettricisti, giardinieri, ecc…
  • Pasticceri, cuochi, cake-designer, ecc…
  • Sarti, stilisti, tappezzieri, ecc…
  • Imprese di pulizie, addetti alle disinfestazioni e sanificazioni, ecc…

Comunicazione Unica: funzioni e procedura

In passato tutto la documentazione cartacea da presentare per aprire una partita IVA doveva essere consegnata a mano presso:

  • Camere di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato (CCIAA)
  • Agenzia delle Entrate
  • INPS
  • INAIL

Oggi, invece, grazie alla comunicazione Unica d’Impresa con un solo documento e in via telematica, si può presentare le seguenti richieste:

  • Iscrizione al Registro delle Imprese
  • Iscrizione al Repertorio Economico – Amministrativo (REA) o all’Albo Artigiani
  • Codice Fiscale e Partita IVA, comprensiva di:
  • Indicazione Codice ATECO
  • Indicazione regime fiscale
  • Iscrizione all’INPS (Gestione Artigiani e Commercianti)
  • Apertura posizione assicurativa presso l’INAIL

L’intero iter burocratico è stata quindi semplificato, i tempi di attesa ridotti e le possibilità di commettere errori, sono notevolmente diminuite. Per adempiere alla comunicazione è necessario aver aderito al servizio Telematico – Consultazione e Invio Pratiche della Comunicazione Unica, essere in possesso della firma digitale e di un indirizzo PEC – Posta elettronica certificata. Quest’ultimo deve essere indicato all’interno della pratica che viene inviata telematicamente. Serve per ricevere comunicazioni da parte degli enti coinvolti e per seguire l’intero iter della pratica stessa. La procedura può essere svolta in completa autonomia dal diretto interessato, oppure può essere seguita da un esperto del settore, come ad esempio un commercialista o studio associato.

Grazie a questa pratica unica, oggi è ancora più semplice e veloce aprire partita IVA e iniziare anche a vendere online. Un accorgimento che ha permesso, in Italia, d’incentivare il commercio online e l’apertura di partita IVA per e-commerce. Di conseguenza anche l’emissione di fatture elettroniche direttamente dal web e dai propri siti realizzati con Woocommerce ha registrato una crescita sorprendente grazie al plugin sviluppato da Gestisco Italia che serve a emettere e-fatture e scontrini elettronici direttamente dal proprio sito.

Partita iva per e-commerce: tutto quello che c’è da sapere

Aprire una partita iva per e-commerce è sicuramente un argomento che interessa molti utenti, soprattutto in questo particolare periodo storico. Che si tratti di vendita diretta dei propri prodotti, piuttosto che una vendita conto-terzi in collaborazione con altri siti, è un argomento attuale e particolarmente sentito. Vediamo quindi cosa serve per iniziare un’attività su internet.

Commercio online: ecco come funziona

Il commercio online è ormai avviato e consolidato da molti anni. Anche nel nostro paese ha riscosso un grandissimo successo e sono sempre di più, gli imprenditori digitali che hanno intrapreso un’attività su internet. Online è ormai presente di tutto, dai big del web come Amazon ed Ebay, a tantissimi altri piccoli negozi che vendono prodotti e servizi di qualunque genere.

Mercato online: le diverse tipologie di vendita su internet

La moltitudine di siti meno noti che svolge attività di commercio online è in costante crescita. Si tratta di shop di piccole e medie dimensioni, alcune con cataloghi di nicchia, mentre altre sono delle vere e proprie realtà emergenti. Volendo è però possibile individuare tre diverse grandi tipologie di vendita online:

  • Vendita diretta – in questo caso il proprietario del sito di vendita online, è proprietario anche della merce che distribuisce. Per avviare un’attività di questo genere è necessario disporre, prima di tutto, di un budget iniziale per l’acquisto del dominio del sito, la sottoscrizione di un servizio di hosting e per la realizzazione materiale del portale stesso.
  • Vendita indiretta – altra casistica che prevede la commercializzazione della propria merce attraverso portali o piattaforme già esistenti. È la piattaforma di appoggio che mette a disposizione degli imprenditori uno specifico spazio virtuale e diversi servizi aggiuntivi, per permettere loro di effettuare vendite online. Un sistema piuttosto semplice, rapido, intuitivo e soprattutto molto più economico rispetto al precedente.
  • Affiliazione – si basa su un accordo tra affiliato e azienda. L’affiliato, che non possiede direttamente la merce, si limita a promuovere prodotti e servizi terzi, ricevendo una commissione per ogni vendita effettuata.

Partita iva per e-commerce

Partita iva per e-commerce: cosa prevede la normativa

In Italia il commercio elettronico è regolato dal Decreto Bersani (D.Lgs. 114/98). L’Art. 21, compare la vendita online di prodotti, ad altre forme di “vendita per corrispondenza”. In generale, quindi, a prescindere da quale tipologia di vendita si voglia avviare, l’imprenditore digitale è assoggettato alle stesse norme. Da specificare che, chi decide di aprire partita IVA per e-commerce non può svolgere l’attività di vendita online in modo occasionale.

La prima cosa da fare è capire l’inquadramento commerciale dell’attività da svolgere. Quindi è necessario capire se l’attività è svolta come ditta individuale di tipo commerciale, oppure come un libero professionista.

In ogni caso è necessario adempiere a un’azione denominata ComUnica. Si tratta di una specifica una pratica telematica compilata e trasmessa agli enti interessati (Camera di Commercio, Agenzia Entrate, INPS). Con la dichiarazione della ComUnica, il soggetto assolve in contemporanea a tutti gli obblighi fiscali e burocratici.

Infatti la ComUnica serve a:

Il codice ATECO corretto da indicare nella dichiarazione per vendita diretta o indiretta è il 47.91.10. Riguarda, infatti il commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via Internet”, valido per vendere online ogni genere di articoli, sia fisici che digitali (es. Applicazioni, video corsi, ecc.).

Mentre il codice ATECO giusto per le affiliazioni o dropshipping è il 73.11.02 – Conduzione campagne pubblicitarie.

Partita IVA per e-commerce: tasse, contributi e fatturazione

Gli imprenditori digitali sono soggetti al pagamento delle tasse come qualunque altro imprenditore. Le percentuali da pagare cambiano in base al regime fiscale scelto. Per chi ricade sotto il regime forfettario le tasse corrispondono al 15% (e al 5% per i primi cinque anni d’attività) del reddito imponibile. Inoltre, per loro, sono previste altre agevolazioni come la franchigia IVA, la contabilità assente e l’esonero da molti adempimenti, tra cui esterometro e studi di settore.

Per quanto riguarda invece i contributi, ricordiamo che i commercianti online fanno capo alla Gestione INPS che prevede due diversi tipi di versamento:

  • con reddito pari o inferiore al reddito minimale INPS (ovvero 15.953 euro), è previsto un solo contributo obbligatorio d’importo pari a 3.850 euro
  • con reddito superiore al minimale, invece, si aggiunge un secondo versamento, calcolato sulla sola parte eccedente con aliquota al 24,09% (o al 22,44% per gli under 21)

Per quanto riguarda invece la fatturazione, ricordiamo che è in vigore la fatturazione elettronica. Un sistema che ha apportato enormi benefici anche nell’ambito dell’apertura di partita IVA per e-commerce, soprattutto adesso che è possibile emettere fattura elettronica e scontrino elettronico direttamente dal proprio sito e-commerce realizzato con WooCommerce, grazie al plugin prodotto da FatturaPRO.click.

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Fattura elettronica 2022: tutte le novità più importanti

La fattura elettronica 2022 è cambiata? Quali sono le più importanti e significative novità introdotte per quest’anno? In realtà, nel breve termine, non è previsto alcun rilevante aggiornamento, se non l’estensione della platea dei soggetti obbligati. Qualche regola nuova è attesa anche per le operazioni “da e verso” l’estero, ma a partire da luglio. Vediamo quindi insieme cosa è cambiato e le conseguenze che riscontreremo.

Fattura elettronica 2022: un anno ricco di novità

Anche se nel breve termine non è prevista alcuna modifica sostanziale, l’anno 2022 porterà in casa alla fatturazione elettronica dei cambiamenti piuttosto importanti. Infatti, la Commissione Europea ha autorizzato la proroga della fatturazione elettronica tra privati. La deroga alle regole comunitarie in materia d’IVA è differita fino al 31 dicembre 2024.

Si tratta di una misura che va a sommarsi a quelle previste dal Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2022. Il Decreto Legislativo infatti ha introdotto la possibilità di ampliare la platea di soggetti obbligati alla fatturazione elettronica  e che attualmente risultano esclusi dall’onere. Si tratta dei soggetti appartenenti al regime forfettario.

Fattura elettronica 2022 e prestazioni sanitarie

Mentre per gli appartenenti al regime forfettario si avvia l’obbligo di emettere fatturazione elettronica, medici e soggetti che erogano prestazioni sanitarie, non devono ancora adeguarsi a questa regola.

All’inizio l’obbligo per questi soggetti doveva partire dal primo gennaio 2022. Invece con la legge di conversione del Decreto Fiscale collegato alla Legge di Bilancio, il DL n. 146/2021, è prevista una nuova deroga che fa slittare la decorrenza al 2023. Si rimane quindi in attesa di una maggiore specificità delle regole sulla tutela della privacy degli interessati.

Per i soggetti tenuti alla trasmissione dei dati al Sistema tessera sanitaria, rimane quindi ancora vietata l’emissione della e-fattura. Anche per i soggetti che emettono alle fatture i cui dati sono da inviare ai fini della predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata, non esiste pertanto obbligo di fatturazione elettronica.

Non si tratta di un esonero, ma piuttosto di uno specifico divieto, introdotto dall’articolo 10-bis del Decreto Fiscale n. 119/2018. Divieto che continuerà a dover essere applicato anche nel caso di fatture relative a prestazioni sanitarie verso persone fisiche, da parte di soggetti non obbligati a trasmettere i dati al Sistema Tessera sanitaria.

Fatturazione elettronica 2022 e addio all’esterometro

Ulteriore proroga anche per l’esterometro e conseguentemente anche per l’obbligo della fatturazione elettronica per gli scambi esteri. Abolita quindi la comunicazione per le operazioni transfrontaliere, mentre per le fatture con l’estero è sempre indicato, quale canale di trasmissione, il Sistema d’Interscambio di Agenzia delle Entrate.

L’obbligo slitta al primo luglio 2022, nuova data introdotta in sede di conversione del Decreto n°146/2021. Il nuovo calendario prevede:

  • per le operazioni effettuate dal 1° gennaio al 30 giugno 2022, deve essere inviato:
    • esterometro del primo trimestre entro il 30 aprile (lunedì 2 maggio)
    • esterometro del secondo trimestre entro il 31 luglio (22 agosto, a causa della proroga feriale)
  • per le operazioni effettuate dal 1° luglio 2022:
    • invio dei dati delle operazioni verso soggetti esteri è effettuato tramite il SdI entro dodici giorni dalla data di effettuazione dell’operazione
    • l’invio dei dati relativi alle operazioni ricevute è effettuato tramite il SdI entro il quindicesimo giorno del mese successivo a quello di ricevimento del documento comprovante l’operazione o di effettuazione dell’operazione.

Fattura elettronica 2022

Fatturazione elettronica: estensione ai forfettari

Nei prossimi mesi ci saranno importanti novità per i forfettari. Infatti, l’obbligo di emissione di fattura elettronica si estende anche ai soggetti appartenenti al regime forfettario. L’Europa ha già dato il consenso, quindi manca davvero poco perché l’obbligo sia attuato definitivamente.

La commissione Europea e il Consiglio UE hanno già approvato la richiesta dell’Italia per estendere l’onere alle partite IVA che applicano la franchigia per le piccole imprese prevista dall’articolo 282 della direttiva in materia d’imposta sul valore aggiunto. Manca quindi solo l’ultimo passo che deve essere compiuto dall’Italia. Il Bel Paese è infatti chiamato a disciplinare tempi e criteri per l’imposizione dell’obbligo. È probabile che la normativa trovi spazio direttamente all’interno della legge delega sulla riforma fiscale, prevista nel corso del 2022.

È plausibile, quindi, che quest’anno si possa assistere all’uniformazione delle regole che disciplinano la fatturazione elettronica per tutti i titolari di partita IVA. Una prospettiva molto allettante in cui riporre le speranze per contrastare ancora più efficacemente l’evasione fiscale e, al tempo stesso, per semplificare le regole del Fisco digitale.

Fattura elettronica sbagliata: ecco come correggere la partita iva se trascritta in modo errato

Con l’interpello n°133 del 18 maggio 2020 inoltrato ad Agenzia delle Entrate, aveva chiesto ad AdE come correggere una fattura elettronica nel caso in cui la partita IVA riportata fosse sbagliata. Chiarito come correggere l’eventuale errore, vediamo nel dettaglio le indicazioni dell’Amministrazione Fiscale.

Fattura elettronica sbagliata: interpello n°133 del 18 Maggio 2020

La partita IVA è uno dei dati obbligatori e necessari affinché una fattura elettronica possa considerarsi valida e accettata dal Sistema di Interscambio. Ma cosa succede se il numero di partita IVA riportato sulla e-fattura viene indicato in modo errato?

È quanto è stato chiesto nell’interpello n° 133 del 18 Maggio 2020 da un operatore economico caduto in errore. Nel caso specifico, che prevedeva soggetti appartenenti a un gruppo IVA, Agenzia delle Entrate ha risposto come segue:

“In sintesi, l’istante ritiene di poter emettere una nota di variazione con data 31 dicembre 2019, al fine di esercitare la detrazione dell’IVA addebitata in fattura entro la data di presentazione della dichiarazione IVA relativa al 2019, anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione”.

Trovate il testo completo a questo link.

Cosa stabilisce il decreto MEF

La partita IVA è un dato obbligatorio da indicare in fattura. Deve essere presente sia quella del cessionario che del committente, per quanto riguarda i soggetti passivi IVA stabiliti dall’UE. Mentre, per quanto riguarda i soggetti che agiscono al di fuori dell’esercizio d’impresa, arte o professione, è obbligatorio indicare il codice fiscale.

Quando la fattura elettronica tratta cessione di beni o servizi effettuati nei confronti di un soggetto facente parte di un gruppo IVA, l’operazione è considerata effettuata nei confronti del gruppo stesso.

Questo significa che obblighi e diritti sull’IVA sono a carico e a favore del gruppo IVA. È quanto stabilito dall’articolo 3 comma 2 del decreto MEF del 6 aprile 2018:

“Ai fini della fatturazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuati nei confronti del Gruppo IVA, il rappresentante del Gruppo o i partecipanti comunicano ai fornitori la partita IVA del Gruppo ed il codice fiscale del singolo acquirente. Al momento della ricezione della fattura i medesimi soggetti verificano l’indicazione del codice fiscale e provvedono al suo inserimento ove mancante”.

Quindi, se un soggetto appartenente a un gruppo IVA, riceve una fattura elettronica con indicata una partita IVA errata, deve necessariamente correggere quel dato.

Fattura elettronica sbagliata

Come correggere la partita IVA sbagliata sulle fatture elettroniche

Il cessionario deve quindi emettere un’autofattura al sistema di Intercambio. Nell’autofattura deve indicare il codice TD20 nel campo documento, deve compilare le sezioni anagrafiche del cedente/prestatore e del cessionario/committente utilizzando i dati del fornitore e i propri.

Una correzione che richiede, obbligatoriamente, la presentazione dell’autofattura in formato analogico all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente. La correzione, così apportata, presuppone comunque che il cessionario/committente abbia segnalato l’errore al prestatore/cedente. Solo così può avere la possibilità di emettere nota di variazione a storno della fattura, emettendo un documento nuovo e valido.

Fattura elettronica sbagliata: basta l’autofattura per la correzione

Quando e se il prestatore/cedente non ha avuto comunicazione da parte dell’errore, basta che il committente/cessionario emetta autofattura per correggere l’eventuale partita IVA errata. In questo caso specifico se il committente regolarizza la fattura per correggere la partita IVA errata, ma non comunica preventivamente l’errore commesso, al prestatore non è richiesta l’emissione di una nota di variazione.

Agenzia delle Entrate, nell’interpello 133 del 18 Maggio 2020 specifica che è sufficiente un’annotazione sul registro IVA vendite. L’annotazione deve riportare la regolarizzazione della fattura in questione che è avvenuta mediante emissione di autofattura da parte del committente. Il documento deve comunque essere sempre conservato agli atti senza bisogno di essere comunque annotato nel registro IVA vendite.

Nell’interpello è possibile leggere questa casistica propria in chiusura di risposta:

“Nel caso prospettato, dunque, avendo il committente già regolarizzato mediante autofattura l’errata indicazione in fattura della sua partita IVA in luogo di quella del gruppo IVA, senza preventivamente comunicare all’istante l’errore commesso, quest’ultimo non ha più necessità di emettere una nota di variazione di cui all’articolo 26 del D.p.r. n. 633 del 1972 per correggere, a sua volta il medesimo errore. In tale evenienza, infatti, è sufficiente che l’istante annoti sul registro IVA vendite che la regolarizzazione della fattura in argomento è avvenuta mediante

emissione di autofattura da parte del committente, documento che deve essere conservato agli atti senza essere anch’esso annotato nel registro IVA vendite”.

Modulo F24: cos’è, come si può usare e tipologie esistenti

Il modulo F24 è un pratico strumento di pagamento. Lo abbiamo già rammentato in diverse occasioni, ad esempio  nell’articolo sulle metodologie di pagamento dell’acconto IVA, oppure quando parlavamo del ravvedimento operoso 2021. Esistono diverse tipologie di f24, per l’esattezza tre: base, accise ed elide. In questo articolo vogliamo andare a indicarvi gli elementi necessari per capire la differenza tra i vari modelli esistenti e sapere esattamente quando e per cosa possono essere usati.

Modulo F24: cos’è e modelli a disposizione

È già chiaro che il modulo F24 è uno strumento semplice e versatile con il quale è possibile effettuare dei pagamenti, anche online. I modelli disponibili sono tre:

  • Base – è il modello maggiormente utilizzato dai contribuenti che serve a pagare la maggior parte dei contributi, delle imposte e dei tributi
  • Accise – si differenzia dal modello precedente perché contiene una specifica sezione relativa, appunto, al pagamento delle accise, ma anche dei tributi di Monopolio e altre somme. Quando si utilizza questo modello non è possibile comprendere importi in compensazione.
  • Elide – serve a pagare l’imposta di registro sui contratti di locazione, l’imposta sui veicoli a motore e altre specifiche tipologie di versamenti per i quali sono necessarie informazioni non trascrivibili direttamente sul modello. In pratica serve per pagare: Imposta di Registro, Imposta di bollo, sanzioni e interessi relativi ai contratti di locazione, Tributi speciali e compensi, IVA per immatricolazione e voltura di mezzi di trasporto immatricolati nella UE e Contributi previdenziali INPS.

Quindi, prima di procedere a un qualunque pagamento, è bene individuare il modello esatto da usare.

Modulo F24

Tributi e imposte che si possono pagare con l’F24

Per quali tributi e imposte è possibile utilizzare il modulo F24 per effettuare il pagamento? Le imposte e i tributi (imposte, tasse, contributi previdenziali, tributi locali e accise) pagabili attraverso questo sistema, sono molteplici:

A ogni tributo corrisponde uno specifico codice tributo che deve essere indicato nel modulo f24. Si tratta di codici specifici e identificativi di ciascun tributo o imposta. Agenzia delle Entrate ha predisposto un link apposito, al quale è possibile cercare e trovare il codice tributo relativo alla propria imposta/tributo da pagare.

Modelli F24 per pagamento online

I modelli F24 possono essere usare per effettuare i pagamenti dovuti a ogni singola scadenza. Chi possiede una partita IVA deve, obbligatoriamente, effettuare il pagamento in modalità telematica. Questo è quanto previsto dall’articolo 37,comma 49, del D.L. n. 04/07/2006, n. 223. Esistono comunque delle specifiche eccezioni, vale a dire precisi casi d’esenzione.

Per pagare utilizzando un modulo F24 bisogna seguire delle precise regole:

  • I privati che devono pagare importi superiori a 1000€, o che utilizzano crediti in compensazione, a saldo zero, non possono più portare l’F24 cartaceo in banca. Anche loro dovranno quindi pagare l’F24 telematicamente
  • L’F24 cartaceo è possibile solo se precompilato dall’ente impositore, di qualsiasi importo. Non devono però essere presenti crediti in compensazione
  • È possibile infine pagare con modello cartaceo per i beneficiari di agevolazioni fiscali riconosciute sotto forma di crediti d’imposta, utilizzabili in compensazione esclusivamente presso gli agenti della riscossione

F23 VS F24

Il modello F23 non esiste più. Serviva per effettuare il pagamento dell’imposta di registro relativa ai contratti di comodato gratuito. Il modulo F24 invece si utilizza per il pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.  L’unico modello di pagamento delle imposte con elementi identificativi è il modello F24.

Acconto iva: versamento, codice tributi e sanzioni per mancato pagamento

L’articolo precedente: “Calcolo acconto IVA: definizione, soggetti passivi iva e metodologie” ha introdotto un argomento caro a moltissimi contribuenti: il calcolo e le tempistiche dell’acconto IVA di fine anno. Entro il 27 dicembre di ogni anno, infatti, i soggetti passivi IVA, sono tenuti a versare l’acconto sull’imposta all’amministrazione finanziaria. Abbiamo, quindi, visto quali sono i soggetti obbligati a tale impegno e come può essere calcolato l’acconto di fine anno (metodo storico, previsionale e analitico). Continuiamo adesso a esplorare l’argomento andando a vedere, nel dettaglio, com’è possibile materialmente effettuare il versamento dell’acconto, quali sono i codici tributo identificativi e le eventuali sanzioni per versamento insufficiente.

Acconto IVA: ecco come effettuare i pagamenti

Una volta calcolato l’importo da versare, l’acconto può essere saldato utilizzando un modello F24, in modalità, esclusivamente, telematica. È possibile, inoltre, effettuare compensazione dell’importo dovuto a titolo d’acconto. Una scelta che può essere presa liberamente. La compensazione può essere effettuata con eventuali crediti di imposte o contributi di cui si dispone. Logico che debba trattarsi di crediti derivanti da dichiarazioni valide e presentate regolarmente.

I contribuenti trimestrali non devono, in questo caso, applicare gli interessi dell’1%. L’acconto versato deve essere poi sottratto all’IVA da versare il mese di dicembre (contribuenti mensili), in sede di dichiarazione annuale IVA (contribuenti trimestrali), o dalla liquidazione del quarto trimestre per i contribuenti speciali.

Codice tributo acconto IVA: come compilare correttamente l’F24

Il modello F24 da utilizzare per il pagamento dell’acconto IVA deve riportare, come sempre, determinati codici tributo. In questo specifico caso quelli da indicare sono:

  • 6013 – contribuenti mensili
  • 6035 – per i contribuenti trimestrali

Acconto iva

Mentre per quanto riguarda l’anno di imposta da trascrivere è sempre quello durante il quale si sta effettuando il pagamento stesso.

Scadenza acconto IVA

Ricordiamo che la scadenza prevista per il pagamento dell’acconto IVA dell’anno corrente, è sempre il 27 dicembre. Nel caso in cui il versamento non è effettuato, oppure è eseguito in ritardo, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al 30%.

Sanzioni amministrative: cosa succede se l’acconto non è versato o versato in ritardo?

Come abbiamo poco prima visto, nel caso in cui l’acconto IVA non venga pagato entro i termini previsti (27 dicembre), o pagato in un importo non sufficiente, l’amministrazione finanziaria ha previsto l’applicazione di eventuali sanzioni. Nello specifico si tratta del 30% che può comunque essere regolarizzata mediante il ravvedimento operoso.

Il ravvedimento operoso è uno strumento attraverso il quale il contribuente ha la possibilità  di regolarizzare la propria posizione fiscale. Relativamente all’acconto IVA, il contribuente può pagare con il ravvedimento operoso, tramite modello F24:

  • l’imposta dovuta
  • interessi pari all’1% calcolati a giorni
  • la relativa sanzione prevista ex articolo 13, comma 1, del D.Lgs. n. 472/97

La sanzione è applicata in misura diversa a seconda di quando è effettuato il pagamento:

  • dallo 0,2% al 2,8%, se il pagamento è effettuato entro 14 giorni dalla scadenza. Per ogni giorno di ritardo è applicato lo 0,2%. Questa formula prende il nome di ravvedimento sprint
  • 3% se il pagamento è eseguito tra 15 e 30 giorni dalla scadenza
  • 3,75% se il pagamento è eseguito oltre 30 giorni ed entro il termine di presentazione del modello Iva relativo all’anno in corso

Il ravvedimento operoso consente quindi al contribuente di regolarizzare la propria posizione fiscale in caso di mancato, omesso o insufficiente pagamento di imposte e tributi (in questo caso specifico relativamente parlando dell’acconto IVA).

Il ravvedimento si esegue effettuando il pagamento del tributo, della sanzione e degli eventuali interessi calcolati. La violazione inizia dal giorno di scadenza del termine previsto. Da lì in poi, quindi, sono calcolati gli interessi da pagare.

Acconto IVA: conclusioni

La fine dell’anno corrisponde sempre a un obbligo molto importante per tutte le partite iva. Il calcolo acconto iva e il relativo pagamento entro il 27 di dicembre, segna la chiusura dell’ultimo periodo dell’anno. Vista la particolarità dell’anno in corso, è sempre bene valutare attentamente il metodo da utilizzare per il calcolo e informarsi sempre se l’Esecutivo avesse in programma delle eventuali nuove proroghe.

Identificazione diretta ai fini iva: come funziona la procedura di richiesta

Nell’articolo precedente: “Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire” abbiamo visto cos’è e a cosa serve l’identificazione diretta. Riassumendo è quell’operazione necessaria ad un soggetto estero che opera in Italia, di adempiere correttamente agli obblighi tributari e fiscali ai fini IVA. Oggi vogliamo concludere l’argomento riportando la procedura esatta che le aziende straniere dovrebbero seguire per l’identificazione diretta ai fini IVA quando operano su territorio italiano.

Identificazione diretta ai fini IVA: procedura

I soggetti esteri non residenti in Italia, che operano su territorio nostrano, sono tenuti all’identificazione diretta ai fini IVA per assolvere agli obblighi di imposta. La materia è disciplinata dall’ articolo 35-ter del DPR n. 633/72, che riporta l’intera procedura che deve essere seguita.

La prima fase della procedura di identificazione diretta a i fini IVA prevede l’inoltro della richiesta. La società estera che intende operare in Italia, ma non è residente sul nostro territorio, prima di avviare qualunque attività deve presentare ad Agenzia delle Entrate il modello ANR/3. Le richieste possono essere inoltrate esclusivamente presso l’Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Pescara – Via Rio Sparto 21 – 65100 Pescara. La documentazione può essere recapitata di persona all’ufficio, oppure inviata tramite raccomandata con ricevuta di ritorno (obbligatorio, in questo secondo caso, allegare copia fotostatica di un documento di identificazione del dichiarante e la certificazione attestante la qualità di soggetto passivo agli effetti dell’IVA posseduta nello Stato di appartenenza).

Tutti i documenti da presentare

Al modello ANR/3 devono essere allegati una serie di documenti ben precisi:

  • Certificato originale rilasciato dalle Autorità Fiscali del Paese dove ha sede legale l’impresa che attesti l’iscrizione ai fini IVA
  • Certificato aggiornato e originale rilasciato della Camera di Commercio del Paese dove ha la sede legale l’impresa
  • Traduzione in lingua italiana dell’intera documentazione presentata
  • Copia fronte retro valida di un documento di identità del firmatario o del legale rappresentante
  • Dichiarazione dove sono specificate: le attività svolte nel paese estero, l’attività che verrà svolta in Italia, le motivazioni della richiesta, l’identificazione di tutti i soggetti verso i quali si rivolge l’attività in Italia e che il soggetto straniero non è in possesso di una stabile organizzazione su nostro territorio.

Verifica della richiesta e risposta dell’Agenzia delle Entrate

Una volta che Agenzia delle Entrate ha ricevuto l’intera documentazione sopra elencata, ne controlla il contenuto e la correttezza e risponde al soggetto estero con l’avvenuta identificazione diretta ai fini IVA e il rilascio della partita IVA. Da quel momento in poi, il soggetto straniero è tenuto ad assolvere tutti gli obblighi IVA previsti dalla legge italiana.

Identificazione diretta ai fini iva

Se il soggetto estero sfora annualmente la soglia di 10.000, deve auto certificare nel modello di attribuzione della partita IVA il volume delle vendite per il quale avrebbe dovuto essere applicata l’IVA italiana. È possibile effettuare il pagamento tramite l’istituto del ravvedimento operoso.

Adempimenti

Il soggetto estero identificato IVA in Italia deve:

  • eseguire fatturazione
  • provvedere alla registrazione delle fatture di tutte le operazioni attive e passive effettuate
  • eseguire la liquidazione IVA e provvedere ai versamenti periodici
  • può richiedere eventuali rimborsi IVA trimestrali
  • effettuare la dichiarazione IVA annuale
  • redigere e conservare registri e documenti relativi all’INTRASTAT

Per i soggetti esteri non vi è obbligo di fatturazione elettronica. Inoltre possono effettuare i pagamenti tramite:

Infine, il modello ANR è quello che deve essere utilizzato anche per comunicare eventuali variazioni di uno o più dati indicati al momento della procedura per l’identificazione diretta ai fini IVA. Lo stesso vale anche in caso di cessazione di attività che deve essere comunicata sempre con il medesimo modulo. Come sempre il modello deve essere consegnato a mano, oppure inviato con raccomandata con ricevuta di ritorno presso gli uffici di Pescara dell’Agenzia delle Entrate.

La procedura per ottenere la partita IVA è particolarmente lunga, perché, purtroppo, non è ancora stata informatizzata. Si tratta inoltre di una procedura piuttosto dispendiosa. A causa di questi motivi, la maggior parte delle aziende estere preferisce procedere all’identificazione tramite stabile organizzazione, oppure nominando un rappresentante fiscale nel Bel Paese. L’unico vantaggio a procedere con l’identificazione diretta ai fini IVA è il fatto che il soggetto estero non diventa soggetto di diritti e obblighi in Italia ai fini delle imposte dirette.

Identificazione diretta iva: cos’è e qual è la procedura da seguire

Sono ancora in molti a chiedersi come funziona la procedura per l’identificazione diretta iva in Italia e qual è la documentazione da presentare. Le aziende estere che si trovano a operare nel nostro paese tramite, ad esempio, e-commerce, potrebbero aver bisogno dell’identificazione diretta ai fini IVA. Per le operazioni eseguite su territorio straniero da una società non residente, l’IVA applicata e dovuta è quella del paese prestatore. Se l’attività all’interno del territorio dell’UE supera i 10.000 euro annuali, allora è obbligatoria l’identificazione diretta IVA per le vendite effettuate nel nostro paese. Il soggetto non residente deve, quindi, inquadrare correttamente la propria posizione da un punto di vista fiscale e tributario.

Identificazione diretta IVA: quando è veramente necessaria

Le aziende straniere che intendono operare in Italia, senza avere la residenza, lo possono fare scegliendo di intraprendere una delle seguenti tre possibilità:

  • Creare una società controllata sul nostro territorio (subsidiary). -soluzione più completa di tutte, attraverso la quale è possibile gestire qualunque attività.
  • Creare una branch, cioè una stabile organizzazione in Italia – il soggetto estero, in questo caso, deve avere almeno un ufficio o una sede fissa su territorio italiano, senza che vi sia un autonomo soggetto di diritto staccato dall’azienda estera.
  • Identificazione diretta iva – in questo caso la società estera non ha nessuna presenza fisica in Italia, ma vi svolge ugualmente un’attività commerciale (tramite e-commerce).

Scegliere l’una o l’altra opzione, dipende dal grado di presenza della società straniera sul nostro territorio. L’identificazione diretta IVA è disciplinata dall’art. 35-ter del DPR n. 633/72. Le aziende straniere che vendono in Italia tramite e-commerce e superano i 10.000 euro annui di fatturato, hanno l’obbligo di identificarsi ai fini IVA. Devono inoltre applicare il regime IVA OSS per adempiere agli obblighi IVA previsti.

Identificazione diretta IVA VS rappresentante fiscale

Identificazione diretta IVA e nomina di un rappresentante fiscale, sono procedure tra loro alternative. La nomina del rappresentante fiscale riguarda i soggetti passivi IVA residenti in un Paese extra-UE. Tali soggetti non possono ricorrere alla procedura di identificazione diretta IVA e, per aprire partita IVA devono quindi nominare un rappresentante fiscale.

Identificazione diretta iva

Identificazione diretta a fini IVA: norme di riferimento e funzionamento

L’identificazione diretta IVA è regolata dal

La procedura dell’identificazione è riservata a tutti quei soggetti che esercitano attività di impresa, di arte o professione all’interno di uno stato dell’Unione Europea. Questa è applicata in alternativa alla stabile organizzazione e alla nomina di rappresentante fiscale. La procedura si attiva quando la società estera cede beni o presta servizi territorialmente rilevanti in Italia. Le operazioni di cessione sono rivolte a soggetti come:

  1. Privati consumatori
  2. Enti non commerciali privi di partita IVA
  3. Soggetti non residenti anche se in possesso di partita Iva

Tutte le operazioni eseguite nei confronti di altre imprese sono soggette all’emissione di fattura elettronica. La fattura non riporterà, in questo caso, l’indicazione della partita IVA italiana. Il soggetto committente italiano, invece, deve registrare la ricevuta del soggetto estero attraverso la procedura del Reverse Charge con il meccanismo dell’autofattura, oppure dell’integrazione contabile.

Responsabilità tributaria

Al pari dell’identificazione, anche la responsabilità tributaria riveste un ruolo molto importante per i soggetti esteri che operano in Italia. La responsabilità tributaria è imputabile all’azienda estera. È necessario fare comunque una distinzione tra imposte dirette  e imposte indirette.

Il soggetto straniero che opera in Italia non assume il territorio nostrano come fiscalmente rilevante. Mantiene quindi quello di origine come riferimento per i tributi. Nonostante questo, la società estera non residente diventa comunque soggetto destinatario di diritti e obblighi previsti dalla normativa fiscale. La legge infatti stabilisce che per le operazioni rilevanti nel territorio dello Stato ai fini IVA, il soggetto rimane obbligato al pagamento.

Al contrario, per quanto riguarda invece le imposte sui redditi, il soggetto estero che opera in Italia, non assume residenza sul nostro territorio, non diventa soggetto di diritto a cui possono essere imputati diritti e obblighi tributari. Tale soggetto rimane assoggettato alle imposte dirette nel Paese in cui risulta essere fiscalmente residente.

Registro delle imprese: cos’è, a cosa serve e come funziona

In Italia quando si decide di aprire una partita IVA ci sono una serie di obblighi a cui dover adempiere. Uno di questi prevede l’iscrizione al registro delle imprese. Si tratta di un registro che permette di consultare dati e documenti su qualunque azienda italiana. È un registro gestito direttamente dalle varie Camere di Commercio che si trovano disseminate su tutto il territorio nazionale. In altre parole è una sorta di anagrafe delle imprese consultabile pubblicamente. Quindi, chi intende vivere emettendo fatture elettroniche e non, come titolare di un’attività in Italia, deve per forza iscriversi in questo registro.

Registro delle Imprese: un po’ di storia

La storia del registro delle imprese inizia nel lontano 1942, quando venne previsto per la prima volta nel Codice Civile. Per l’attuazione però bisogna attendere il 1993 grazie alla legge n°580 e reso operativo un paio di anni dopo nel 1995. Il registro delle imprese ha unificato il precedente registro delle società e il registro delle ditte. Nel nuovo registro sono stati compresi tutti i dati e i documenti relativi a ogni singola azienda italiana, impresa estera con sede o unità locale in Italia e tutti gli altri enti che esercitano un’attività economica.

Anche il registro delle imprese ha subito una trasformazione digitale. Progressivamente, dal 1996 al 2012, si è trasformato diventando infine telematico. L’iscrizione telematica è diventata definitivamente obbligatoria a partire dal 1997. Successivamente il registro imprese  ha assunto anche i ruoli che fino ad allora erano ricoperti dagli ex Ruoli degli Agenti di commercio, degli Agenti d’affari in mediazione e degli spedizionieri autorizzati.

Il Registro è oggi fruibile anche online e ha rappresentato, in certo senso, il precursore della dematerializzazione che ha visto coinvolte le PA negli ultimi anni.

Registro delle Imprese: a cosa serve

Il registro serve a raccogliere in modo semplice e preciso, tutte le informazioni che riguardano un’impresa. Dal nome della società, fino alle sedi legali e operative, dal nome dei soci, fino a quelle dei capitali versati. Insomma, tutto quello che riguarda un’attività e che può essere d’interesse pubblico. Il registro è infatti consultabile pubblicamente. È suddiviso in una sezione ordinaria e una sezione speciale. Nella sezione ordinaria si trovano:

  • imprese individuali
  • società
  • cooperative
  • consorzi
  • Enti Pubblici che svolgono come attività principale il commercio
  • gruppi europei di interesse economico (GEIE)
  • società estere con sede in Italia
  • aziende speciali
  • consorzi degli enti locali

Registro delle imprese

Nella sezione speciale invece ci sono:

  • aziende agricole
  • piccole aziende commerciali
  • coltivatori diretti
  • società semplici
  • artigiani
  • startup
  • PMI innovative
  • società tra professionisti e avvocati

La differenza è importante quando si tratta, ad esempio, di bandi pubblici. Alcuni di questi, infatti, sono aperti o all’una, o all’altra sezione. Iscriversi al registro delle imprese, inoltre, può dare modo di accedere anche a eventuali esenzioni fiscali.

Come consultare il registro imprese

Il registro delle imprese dispone di un proprio sito: www.registroimprese.it. I registri sono gestiti dalle relative camere di commercio di competenza territoriale. Sul sito è possibile cercare un’azienda in base alla provincia di appartenenza, oppure in modo libero e generale.

Appena iscritto, un imprenditore può subito accedere a molti documenti per partecipare a un bando pubblico. L’accesso ai bandi è consentito con firma digitale CNS o con SPID.

Molti documenti sono gratuiti, mentre per altri è richiesto il pagamento di un corrispettivo di diritti di segreteria stabiliti direttamente dal Ministero dello Sviluppo Economico. Quando si consulta il registro delle imprese è possibile ottenere certificate e visure di ogni azienda interessata alla ricerca. Non solo. Oggi è possibile anche ottenere una mappa per visualizzare ogni sede di una stessa attività.

La maggior parte delle volte, il registro è consultato per capire se un’azienda è ancora attiva oppure no. Utile da studiare per capire quanti e quali competitor si possono trovare in una certa zona. È anche utile quando si è alla ricerca di eventuali partner con i quali iniziare una collaborazione imprenditoriale. Questo fa capire quanto sia importante il registro delle imprese. Non si tratta infatti semplicemente di un obbligo al quale assolvere quando si decide di aprire partita IVA. È un database completo e consultabile pubblicamente da chiunque per ottenere tutta una serie di preziose informazioni per il proprio business. Senza contare che, iscrivendosi nel registro, si hanno diverse opportunità di business, collaborazione e partecipazione ai bandi pubblici.